di MAURIZIO LIVERANI I
Ormai è chiaro che l’Italia con i tre primi ministri comincia a consegnarla a chi la vuole. Respingono la migrazione dall’ Africa e trovano più conveniente la seta che viene dalla Cina. L’Unione Europea è spaventata perché l’invasione cinese non resterà circoscritta all’ Italia. E’ disunita su tutto ma è unita su un punto: non ha dato alcun aiuto agli italiani per controllare gli sbarchi, però, interviene duramente contro la serica “offerta”. Abbiamo, quindi, una prova che l’UE è un’organizzazione assurda e inutile. I migranti cerchino un posto al sole altrove ma non sa indicarlo. Guarda all’ Italia come a un acrobata sul filo. Mentre il nostro governo tradisce indecisione, la seta penetra nel nostro Paese e segna il fallimento dell’ideale europeista. Matteo Salvini, per meglio plasmarsi con il suo elettorato, critica senza giri di parole il leader Luigi Di Maio. Abbiamo un governo fermo alla strategia della tensione, la formula del moroteismo che ha imbottigliato l’Italia nella sacra ampolla stalinista. Il pateracchio storico si realizza con i cinesi. Per dare una sistemazione organica a questa pazzia, Di Maio si illude di essere seduto nel cuore del mondo, trafitto da un raggio del sol dell’avvenire. Tutto avviene in maniera apparentemente indolore, ma che produrrà, nel tempo, una tirannide di tipo amministrativo. Il complesso apparato dello Stato diventerà dolcemente succube – ce lo annuncia il pugno chiuso del premier Xi; una pesante coltre di conformismo comincia a gravare sull’ Italia. La visita di Xi già dà segni di insofferenza; una giornalista è stata invitata minacciosamente a non parlar male della Cina. I cinesi si ripromettono di non spaventarci; hanno il sospetto che gran parte della classe politica stia ritirando il credito a loro concesso. Gli italiani, improvvisamente, si ricordano che la Cina ha la sua ascendenza nel maoismo. Il premier Conte invita i colleghi del governo a non offrire al mondo uno spettacolo di incompatibilità ideologica. Le ambizioni di potere di Di Maio lusingano chi ancora crede nel vademecum di Lenin. Vengono alla luce i nuovi dissidenti e torna ad avere un significato sinistro la definizione che Jean Paul Sartre ha dato del comunismo: “Cosa immutabile rivestita dalla menzogna multipla”.
MAURIZIO LIVERANI