I PADRONI DEL TORPORE

di MAURIZIO LIVERANII

Dagli il voto, non la mano. Al governo, oggi, abbiamo personaggi dalla personalità elastica; vi sono approdati con la tecnica della sostituzione di persona: prendendo i panni del potere hanno mostrato il loro vero volto che non è quello della disputa ideologica, esercitata sempre in maniera mediocre ed elastica, senza il seme di un’idea, di un concetto della vita e del mondo. Di decifrabile ora c’è il passato. Il capofamiglia di Luigi Di Maio è irretito in problemi giudiziari, la cosca della Lega è stata ed è indagata dalla giustizia. Alex Di Battista, il “super agitato” della leva governativa, è indagato, riferisce la stampa, per debiti e insolvenze. Per acquisti satirici il nuovo governo è paragonabile a un emporio di affanni con la giustizia. Chi vuole gettare frizzi e burlette addosso ai gialloverdi può additarli come i “Voltaire dei pozzi neri” perché nella fanghiglia delle cose poco chiare ci stanno a loro agio. Prima delle elezioni sembravano innestati, anche fisicamente, nell’albero genealogico dei grandi moralisti. Milioni di votanti riconoscevano in loro una grande vitalità ansiosa di usare la “candeggina” moralizzatrice. Essere rigorosi a parole porta sempre a carpire la fiducia di chi ascolta; subito dopo chi ha dato loro credito ha un sobbalzo. Fra dubbi e sospetti gli italiani hanno tentato la carta del “cambiamento”. Saranno figli della correttezza e della moralità? Men che non si dica, i così detti moralizzatori a buon mercato, in lotta per sciogliere il nodo gordiano dell’Italia alla deriva, non hanno neppure dovuto gettare la maschera per rivelarsi congeniali alla politica italiana. D’ora in poi avremo a che fare con un’équipe di governanti che si sono installati al vertice di una società degradata su cui si va accumulando una carica di ribellione, uno spessore di infelicità che potrebbe degenerare, con l’aumento della crisi, in feroce nevrosi collettiva. Inevitabilmente, l’Italia continuerà ad andare “indietro tutta”. Se la decadenza dello Stato è un male quasi incurabile, se lo spirito di rinuncia dilaga mentre cresce l’ira dei ceti medi, se la massima carica dello Stato elemosina la sopravvivenza dell’”inciucio terapeutico”, se all’orizzonte non si profila alcuna rinascita, se l’antiberlusconismo si attenua a giorni alterni, se il parlamento continua a offrire grandi aspirazioni e piccoli cervelli, se ai milioni di italiani, all’amore di vivere, subentra la disperazione di vivere, se le mezze maniche dell’economia si intrufolano nella politica, se chi non si adegua a questo dovere di falsificazioni è emarginato ed è colpito da mille censure, se si constata ogni giorno di più l’installazione di una certa mentalità totalitaria , se l’italiano sente che lo Stato gli è ostile, se tutto ciò è comprovato dai sondaggi perché meravigliarsi della “desistenza” degli italiani dalla politica?

MAURIZIO LIVERANI