FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
I RAGNI DELLA NOIA
Il barometro della cultura segna tempo grigio tendente al peggio. Una delle conseguenze più penose nel “villaggio globale” è di condurci verso la completa alienazione. Nel “L’uomo in bilico”, Saul Bellow scrive: “Sono in altre mani, affrancato da ogni dovere di decidere di me stesso, liberato dalla libertà”. E’ una verità agghiacciante; chi è attratto dalla televisione, dai suoi spettacoli elementari, dai suoi talk show pieni di astio, dai suoi dibattiti ha ormai l’animo del suddito. Pezzo per pezzo, un passo dopo l’altro, il mondo, che non sa difendersi da un virus sconosciuto, attua gli incubi di Orwell. I principi del lamento spadroneggiano nella grande stampa e in video come vergognosi ragni della noia. La vita italiana come agonia sembra il loro motto. Non si accorgono che i soffi avvilenti vengono proprio dai loro articoli e dalle loro trasmissioni. L’Italia guazzerebbe sull’orlo del disastro; da questa premessa traggono un piacere funereo. Quando non sanno dove procurarsela, vanno a cercarla nelle agenzie di rating che sono state messe ripetutamente in stato di accusa per le loro mendaci previsioni. Alcuni principi del lamento ricordano quel condannato a morte di cui parla Freud. “Il giorno dell’esecuzione, un lunedì, dice: ‘Ecco una settimana che comincia bene’”. L’arte di far ridere compiace soltanto una fazione politica. Un umorista come Maurizio Crozza è un funerale dell’umorismo; segna la fine di una “razza”. Nella vita le scelte politiche dovrebbero divergere dalla comicità. Ad esempio, nel far ridere di Corrado Guzzanti nulla non è mai troppo basso; la sua caricatura non sembra mai il “grido” di un fucile politico. E’ alieno dai fanatismi e dalle infatuazioni. In se stessa, la caricatura dovrebbe essere imparziale; dovrebbe esserlo ma la congrega dei politici vi proietta il diktat di una sola fazione e le demenze dell’altra.
MAURIZIO LIVERANI