I TRE MOSCHETTIERI? NON SONO PAPPA E CICCIA…

di MAURIZIO LIVERANI

I tre moschettieri del momento, Conte, Salvini, Di Maio, detestano gli eroi comuni e i sentimenti ardenti. Matteo Salvini ha sempre l’aria dell’ortolano che pianti cavoli; è un uomo versato nell’arte della vanità antipolitica. Luigi Di Maio è “caruccio” per la sua aria di essere un condottiero solitario; gli piace tanto mettere nella sua fraseologia fresca di bebè l’affermazione: sono il primo ministro, nello stesso istante in cui Salvini si riconosce capo del governo senza che nessuno si sia dato la briga di definirlo tale. Il più scanzonato è Giuseppe Conte che è pervaso dal pizzicore che hanno i veri aristocratici; sa un po’ dei francesi che alla staffa di comando mettono in mostra il piede piccolo. Chi ha il piede piccolo, dicono in Francia, si esprime con parole energiche. Ci sono delle convenzioni umoristiche che impongono a chi comanda un “piedino”; in tutte le riproduzioni dei grandi capi questo piedino è sempre messo in gran mostra. Parole energiche si adattano benissimo allo “scarpino”. Salvini, da quando è al governo, adotta frasi “garbate”; vuol far sapere che ha ascendenze leggermente raffinate. Questi tre personaggi promettono di eliminare gli abusi e di proteggere il merito. Di Maio inorridisce all’idea di comprare voti e vendere posti. Negli occhi di Conte si legge la bonomia dell’impiegato allo sportello; spesso li fa brillare e dà a vedere di divertirsi. Accentua, non trascurando la carineria, un certo ingegno e acume; la sua conversazione è orientata verso “regolati” successi. Il leader della Lega è sempre in procinto di raggiungere elevati onori che ancora non arrivano; Di Maio cerca di distinguersi con un patriottismo da anticamera. Passa per essere grazioso: “il est joli”. Questa fama non indispettisce Salvini il quale ostenta fermezza, idee a prova di “uranio” e non fa molti sforzi per incutere disprezzo proletario. Corre voce che dicano male l’uno dell’altro, ma questa è una cattiveria di regola nella politica. L’invidia, in politica come nel giornalismo, è il solo segno di un grande merito. Il trio non disdegnerebbe le parole autoritarie dietro espressioni che rispecchiano le solite bugie politiche; sanno di essere sbeffeggiati dai loro oppositori. E’ assai difficile, per loro, annunciare, perpetuamente, trionfi. Non bisogna mai dimenticare che, secondo gli psicologi, la politica appartiene alla sfera della patologia. E’ un sospetto: si ha la sensazione che il vero talento nel famoso trio è sconosciuto quanto lo è l’allegria in un convento trappista. Come tutti i politici si “infarinano” di religiosità. Dio può dar credito. Ci vogliono molti modi per addomesticare un popolo. L’illuminismo ha insegnato ai francesi che la religione è più terra terra della politica. Come in Francia, il trio nostrano rispetta, ma non teme il Cupolone; segno che è in sintonia con i cattolici d’oltralpe. Italia e Francia sono due nazioni dalle inclinazioni affini. L’atteggiamento dell’una serve a chiarire l’atteggiamento dell’altra. I cardinali italiani sono ostili a Salvini; i cardinali francesi sono sempre colti nell’atto di sostenerlo. Ci sono molti motivi perché i poteri francesi si augurino, a mezza bocca, di mandare il leader della Lega in malora. Per il momento, l’Unione Europea è triste come una stanza vuota.

MAURIZIO LIVERANI