di Maurizio Liverani
Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali, è entrato nel tritacarne delle malelingue. Pare non sappia esattamente cosa fare. I Beni li possiamo vedere tutti, si trovano nelle chiese, nelle pinacoteche, negli anfratti dei piccoli centri dove si trovano splendori architettonici, nel paesaggio; ne è piena l’Italia. Il problema è che si assiste da anni a una eclisse culturale che non si può cancellare con una semplice esortazione come fanno il ministro e il capo del governo. L’italiano è classificato tra i popoli più incolti del pianeta; non ci si può accontentare del turismo ecclesiastico, ormai principale attività della Capitale, né esaltarsi per le ricorrenti splendide rappresentazioni liriche. Chi considera cultura la canzonetta, mettendola tra i valori, può essere soltanto figlio di quella sottocultura che serpeggia da decenni nel nostro Paese. Rompendo il bavaglio che ipocrisia e tornaconto impongono, dalle scuole e dalle università dovrebbe partire la rinascita della vera cultura, ma dovrebbero avere il coraggio di combattere in nome di valori in cui credere sinceramente. E’ un dato incontrovertibile che la religione cattolica sia di ostacolo a questa rinascita. Non si riesce a capire dal grembo di quale fede o ideologia siano usciti i “praticoni” della televisione e a quale codice si attengano. E’ inutile tormentarci all’idea che la scuola sia arretrata e non aperta al nuovo. Franceschini, come primo saggio della sua intelligenza, avrebbe dovuto indire un convegno che arrivasse a spiegare l’origine di questa piaga. Per le celebrazioni del 25 aprile in un anno in cui Berlusconi era ancora al governo, l’attuale ministro della cultura fece un’affermazione che inorridì tutti. Questa: “i partigiani caduti nella lotta della liberazione non possono essere equiparati ai caduti della repubblica sociale italiana”. Per un cattolico e soprattutto per un uomo di cultura tutti i defunti hanno diritto a un uguale rispetto. E’ da quel momento che molti colleghi di partito cominciarono ad essere perplessi; si domandavano se Franceschini non fosse vittima di una sorta di atonia della mente. A un personaggio con questi precedenti è stata affidata la cura dell’intelligenza degli italiani. Questa scelta è la spia che anche questa volta l’Italia non è in buone mani.
Maurizio Liverani