di MAURIZIO LIVERANI
Il calcio è in subbuglio perché, pretendendo di rinnovare gli antichi fulgori, cerca nuovi talenti. La sfiducia si è a tal punto impossessata del Paese da toccare anche i vivai. I procacciatori per conto delle squadre più ricche, invece di tener d’occhio le scuole giovanili del calcio, cercano di acquistare campioni affermati, e alcuni già al tramonto, all’estero. Non si ha più la pazienza di allevare giovani virgulti di cui è facile riconoscere particolari attitudini a muoversi nei campi sportivi. La prima in classifica del campionato di serie A è fortissima, ma è composta per i tre quarti da atleti provenienti da campionati stranieri. Si verifica uno strano fenomeno: in Italia approdano, senza alcun dubbio, dei campioni, ma con un avvenire sempre più ridotto, mentre nei campi giovanili si vedono fiorire talenti che hanno tutte le caratteristiche per puntare in alto. Negli stadi italiani si gioca un bel calcio, chi lo rende valido sono quasi sempre giocatori di altri Stati. Questa strada di rivolgersi altrove per fare buoni acquisti è cominciata già dai tempi del fascismo, in prevalenza erano argentini. Si imponevano in campo, approdavano nella squadra nazionale e prima di ogni incontro cantavano “Fratelli d’Italia”. L’inno è rimasto; chi lo canta non è soltanto un italiano, ma anche un campione comprato a suon di milioni all’estero. Arredarsi di giocatori di alto valore, a costi faraonici, non è più una prerogativa della Juventus; se ne appropriano anche le altre grandi squadre con un passato illustre. L’importazione è ormai la regola. Ma nello stesso tempo quei due o tre casi di minorenni dotati che sono riusciti a entrare in compagini illustri confermano che bisognerebbe cambiare rotta. Non solo se ne avvantaggerebbe il calcio italiano, si eviterebbe anche di esportare denaro per comprare star del pallone. Cenni di ravvedimento cominciano a sentirsi. Se non si metterà ordine bisognerà rassegnarsi al declino di questo sport che favorisce soltanto le équipe più ricche. Il calcio va lasciato libero, senza vincoli nazionali. Una cosa è certa: si faranno ancora tanti errori, ma non si potrà fermare la passione per il pallone.
MAURIZIO LIVERANI