IL COLLE DECIDE

di Maurizio Liverani

L’unica volta che abbiamo visto uscire dai gangheri un presidente della Repubblica è stato a Vermicino. Un bambino era stato inghiottito da un pozzo e un audace giovane era sul punto di salvarlo. Il presidente, che a quel tempo era Sandro Pertini, si fiondò sul posto per partecipare all’evento, che si immaginava a lieto fine, e fruire di parte del successo. Il successo svanì e subentrò la tragedia: il bambino morì. Pertini scese dalla macchina con la quale era giunto e dette in escandescenze. Non andiamo oltre, ma sottolineiamo l’unica volte che abbiamo visto un presidente perdere le staffe. Tutti gli altri li abbiamo visti presenziare cerimonie nelle quali snocciolavano il rosario delle nobili parole che un capo di Stato è costretto a dire. L’attuale uomo del Colle, persona certamente di valore, “propulsore” di questa democrazia che meriterebbe uno sfasciacarrozze, appare di tanto in tanto nel suo studio mentre sistema alcuni fogli smistatigli da un segretario. Dimostra di essere sensibile, forse più di altri che lo hanno preceduto, e impregnato dei valori vitali del nostro Paese; insomma, una star. Finché non si è verificata la discesa in campo del Movimento 5 stelle con lo stesso tipo di dissenso che tra i fascisti fu praticato a “babbo morto”. La situazione è tale che ha reso intollerante il compunto saggio presidente della Repubblica che si è deciso, dopo mesi di sconquassi in cui il Paese politico ha mostrato il suo volto comico, a “decidere” senza tener conto dei suggerimenti interessati e non. Infischiandosi di Beppe Grillo che, all’annuncio del pronunciamento del presidente, arriva a proclamare il ritorno alla vecchia moneta e a tentare anche una sorta di Brexit. Mattarella agisce da personalità saggia: “faccio tutto da solo”; convinto che la nazione sia minacciata da fenomeni come il populismo, persuaso che i nuovi incrementerebbero il disprezzo dei cittadini, la manipolazione del denaro pubblico, la connivenza con la mafia rendendo più rigogliosa Tangentopoli. Ingaggiando una guerra contro i consiglieri, convinto che la psicosi d’emergenza potrebbe rendere indispensabile la piazza, relegando ai margini i vaniloqui politici, non ascoltando gli umori di certe baronie che fanno il bello e il cattivo tempo perché l’Italia non continui a perdere terreno. Ha con garbo e con fermezza fatto sapere agli italiani che risolverà la situazione appellandosi soltanto al suo intelletto. La notizia nasce da un “grido di dolore”. Un fremito di ottimismo cattura chi ancora ha interesse che il Paese esca dal fango.

Maurizio Liverani