di Maurizio Liverani
Lo scrittore Raffaele La Capria (foto), autore di due bellissimi romanzi “Un giorno d’impazienza” e “Ferita a morte”, afferma che è ormai tramontata la repubblica delle lettere. Dice cose molto giuste ma, forse, dovrebbe andare più a fondo nell’esaminare questa insofferenza diffusa verso l’intellettualità da cui non va esclusa la responsabilità della politica. Il politico, soprattutto in questi ultimi anni, non ha alcun interesse per il mondo delle lettere; se ne occupò con grande impegno attraverso il “reclutamento” politico. Oggi giova più qualche sganzetta del cinema o della televisione; la sinistra si riversa sull’universo della canzonetta. Una dichiarazione pro Vasco Rossi, nei valori dei giornali, vale più dell’opinione dello scrittore napoletano. Una arrangiatura di Ennio Morricone vale più di una terzina di un poeta. Afflitto da una tale anemia di idee, il mondo politico ricorre più volentieri agli spot pubblicitari, magari con un intellettuale orientato a sinistra. “Intellettuale orientato a sinistra cercasi”. Molte menti in agonia ideologica sarebbero pronte a rispondere all’appello; basta che dimostrino un opaco raziocinio e di essere autenticamente ancorati allo status quo. L’”impegno” ha consentito al partito comunista (negli anni di Togliatti e Enrico Berlinguer) di servirsi degli scrittori e dei ricchi. Togliatti era riuscito a instillare nelle classi colte e abbienti la convinzione che era “select” professare idee di sinistra. Essere comunista, per il premio Nobel Saul Bellow, è l’estremo lusso di chi ha tutto il resto. Alla vigilia di una elezione di quasi quarant’anni fa – quella che doveva sancire il sorpasso del Pci nella gara con la Dc – a Roma, in alcuni lussuosi attici, si brindava al successo. La festa fu subito interrotta; a spegnere le luminarie fu il crollo delle azioni in Borsa. Molti nababbi-rossi corsero in Svizzera a rimpinguare il proprio già cospicuo conto in banca. In quegli anni il comunista snob si adornava di sinistrismo rivoluzionario quando era alle porte, ma non le varcava. Purtroppo i giovani intellettuali di sinistra non hanno, oggi, una consistenza cerebrale di lana fina. E’ un tema che richiederebbe una vasta discussione. Ci limiteremo a osservare come l’ex partito comunista si trovi di fronte a una situazione piuttosto insolita, anzi stravagante; di una intellettualità cresciuta alla scuola marxista e che, proprio a causa di questa ideologia, oggi la sinistra rifiuta. Non per scelta dichiarata ma per abbandonarsi a una semplificazione conveniente: meglio il vip della canzonetta e del video, per il suo tornaconto politico. Si direbbe che la sinistra, al pari della destra, sia presa da un’ansia di eludere i problemi culturali e ideologici che una simile svolta comporta. L’arte attuale è dominata dall’estetica capitalista; persino i letterati ne sono vittime in quanto, per i suoi scopi mercantili, il capitale si appropria anche delle idee che non fanno riflettere. Bisognerebbe indagare sulle cause profonde della decadenza vera o supposta dell’attuale intellettualità, e non parlare soltanto di una crisi sociale ma anche religiosa, filosofica e, anzitutto, estetica. E perché i partiti spregino in questo momento l’intelligenza. Ma è anche possibile che l’artista, il pensatore, l’ideologo non rinuncino alla propria libertà creativa ed espressiva. Non si parla più della posizione dell’artista nella società, stanco delle richieste troppo sommarie. Se i comunisti per anni hanno chiesto agli intellettuali di trasformarsi in tribuno, l’intellettuale onesto da tempo oppone il silenzio. Si tratta di un divorzio inevitabile.
Maurizio Liverani