di Maurizio Liverani
Durante la guerra d’Africa, profilandosi la vittoria delle forze dell’Asse, spuntò una battuta molto divertente. Suona così: “Quando la pugna divenne pugnetta, tutti i gerarchi accorsero in fretta”. Era il commento a una vittoria annunciata. Pare che Benito Mussolini volle conoscere alcuni di questi ritardatari. Un po’ perché voleva saggiare di che pasta fossero fatti, e sulla base di questa valutazione farne uso. Era noto a tutti che Mussolini, nonostante gli atteggiamenti littori, fosse un uomo di spirito. Al “Salve fante alato!” rivolto a D’Annunzio che gli andava incontro al Vittoriale, il Vate, con un gesto solenne, gli replicò: “Salve lesto fante!”. Il Duce esplose in una grande risata e abbracciò il pluri-sovvenzionato poeta del regime. D’Annunzio, più volte, riferendosi a Benito se ne usciva con un lamento scherzoso: “Quel muratore ha preso il mio posto!”. Quando il Duce lo seppe gli mandò questa replica: “Tu sei un uomo di spirito, io sono l’aratro che traccia il solco”. Con queste prese in giro si dilettavano spesso. I fascistoni che non amavano molto Benito, mettevano in giro anche delle malignità che furono poi riportate da accaniti antifascisti. La più offensiva attribuiva l’alleanza con Hitler a un marchingegno: trasferire miliardi in America poco prima che scoppiasse la guerra; convinto della sconfitta si riproponeva di andarci a vivere come un nababbo. Questa accusa non è stata mai provata. Mussolini era amico di Ettore Petrolini che nei suoi spettacoli inseriva sempre un’allusione ridicola verso di lui, replicata poi a villa Torlonia. E’ questo l’aspetto più singolare di Benito che amava circondarsi di personalità spiritose. Leo Longanesi lanciò il grido con intento beffardo e amichevole: “Mussolini ha sempre ragione!”. Qualsiasi altro dittatore l’avrebbe censurato, il Duce volle che risuonasse in tutte le adunate del partito. Si mormorò a un certo momento che Achille Starace, emozionato dalla presenza di Mussolini, firmò un editto storpiando il proprio nome; invece di Starace scrisse Starache, per poi arrossire allo sguardo di rimprovero del Duce. Probabilmente sono soltanto invenzioni, ma non della propaganda antifascista, ma nate nell’ambito dello stesso partito nazionale fascista. In fondo siamo italiani. Citiamo questi episodi né per elogiarlo né per esaltarlo, ma per sottolineare come durante il fascismo c’era spazio per l’irrisione e per la presa in giro dei camerati più intelligenti.
Maurizio Liverani