IL FALLIMENTO DEGLI ILLUSIONISTI

di Maurizio Liverani

Nella nostra società degradata, risultato di anni di malgoverno, si parla ancora di comunismo, un’ideologia funebre di cui si continua a mantenere in vita il fantasma allo scopo di aizzare i partiti a combattersi in nome del nulla. La destra è sempre in attesa che la nazione abbia un’impennata contro un avversario immaginario in un Paese ormeggiato nel mondo occidentale. Il tutto accade per mantenere in vita contrasti stipati come cariche di tritolo. L’”interminabile” lunga marcia è terminata da tempo, per la legge della fatalità chiamata conclusione. Non c’è che un ristretto margine di tempo per le elasticità tattiche e per l’opportunismo che non hanno mai fatto perdere agli orfani della falce e martello l’illusione, meglio, la finzione che la strategia fosse sempre quella ereditata da “capiscarichi” contrabbandati per grandi “conducator”. La storia d’Italia ha seguito i soliti sentieri di talpa, i giri e rigiri, tutti i mutamenti di rotta, le frenate, le accelerazioni con cui a volte ci si illude dell’egemonia di un grande partito. Con Matteo Renzi questi stremati ex sono riusciti a darsi una parvenza di residua vitalità quando ormai il partito era disarmato o addormentato. Far credere che tutto fosse ancora in vita è stato possibile grazie alla politica della Chiesa che non avendo alcun diavolo in cielo ne ha coniato uno sulla terra. Gli ex si sono rassegnati a questa finzione facendo credere di poter contare ancora sulla classe operaia e sulla sopravvivenza di un fascismo in agguato. Consapevoli che gli italiani, politicamente, non sono più in grado di incrociare il ferro contro immaginari nemici, hanno abbattuto il muro del passato gettando alle ortiche la bandiera rossa, la falce e martello, il mito di Stalin. Per strappare l’Italia dal mortale assopimento anche gli ex cercano finalmente la verità. Insomma, il comunismo e l’anticomunismo viscerale sono fuori moda da tempo, ma può essere chic praticarli. Grazie a una gran mole di fandonie, politicamente i due mondi si sono fronteggiati e spiati; si sono succedute crisi ininterrotte che non si sono risolte in alcun fascismo da quando le ideologie sono state ufficialmente declassate in fanfaluche. Fin quando l’Urss, con il suo candore arrogante, vivo Stalin, era convinta di poter espandere l’ideologia marxista in tutto il mondo, il gioco ha retto. L’alleanza con il capitalismo e il reciproco scambio di favori hanno tolto ogni impronta ossessiva a un estremismo che tanto piace ai commandos delle Brigate rosse. Il mondo italiano non poteva restare fermo a lungo in una grigia routine e si è liberato delle “manette” del passato, preferendo segnalarsi come un cauto conservatore ben visto dai benpensanti, bersaglio degli sparuti sinistri. Guardiamo ai fatti: Matteo Renzi è riuscito a strappare di un colpo quel velo di stanchezza e diffidenza che avvolgeva il partito marxista e ha visto accrescere il suo prestigio proprio a sinistra. Oggi ridiamo delle pompose minchionerie di tanti commentatori che vedono il genio tutelare della famiglia comunista soffocato dalla polvere dell’eretico, impegnato a riscoprire il liberalismo e a rientrare nell’ambito dell’evoluzionismo borghese. L’inganno degli schieramenti è sempre più scontato. Vecchi leader lanciano grida d’allarme perché il liberalismo occidentale si è risvegliato. Non cerchiamo pretesti per fornire armi alla reazione; ci sforziamo di mettere in piena luce lo scandalo di un’ideologia sepolta che danneggiava il Paese. A tanti generosi liberali, che hanno sempre additato i pericoli di una politica basata sul nulla, è stata rivolta, puntuale e immancabile, l’accusa di fascismo con cui in Italia si riducono al silenzio gli oppositori. La parabola si è conclusa da tempo. Renzi ne ha preso coscienza e vuol raggiungere la strada del benessere con altri modi. A confortarlo, in questo momento, non c’è che il paradosso di François Revel: “Tutte le strade portano al socialismo tranne una, quella socialista”.

Maurizio Liverani