di Maurizio Liverani
“Della faccia tosta, ancora faccia tosta, sempre della faccia tosta”. Questa frase celebre di Danton andrebbe messa in calce a tutti i commenti che i nostri politici dedicano alle elezioni che hanno decretato il ritorno in massa del “fascismo” sotto forma di Lega e di M5s. Se a un pentastellato o a un leghista date del fascista il minimo che potete attendervi, come reazione, è un insulto. Alle urne gli italiani sono andati decisi a rimuovere dal potere una classe politica che, gridando, un giorno sì e un giorno no, “dagli al fascista”, ha riempito i cassoni di moneta sonante. Prima della caduta del Muro arrivavano valanghe di dollari alla Dc e altrettanti rubli al Pci, ma non era uguale la portata storica di queste sovvenzioni. I rubli che provenivano da Mosca erano, per i comunisti, giustificabili eticamente perché servivano alla causa della classe operaia; mentre i dollari americani erano condannabili perché contrari alla stessa causa. Per la Storia, le due forze in contrapposizione si sentivano assolte. Per chi ha solidarizzato con gli olocausti di Stalin, di Tito, di Pol Pot, con le foibe, con l’invasione dell’Ungheria nel ‘56 e di Praga nel ‘68 questi fatti sarebbero ispirati a principi giusti storicamente. Per evitare che l’Italia diventasse un immenso campo di concentramento e conoscesse la sorte dell’Ungheria e della Cecoslovacchia, dagli Usa arrivarono consistenti aiuti. In un Paese “burla” come il nostro, nessuno ha mai pronunciato una frase che in tutte le nazioni verrebbe fatalmente a galla: alto tradimento. E per alto tradimento nei Paese normali c’è la corte marziale. Da noi, chi ha cercato di sabotare alleanze liberamente scelte si è trovato nelle compagini governative. Il dissidente sarebbe stato emarginato o eliminato fisicamente. Tutto ciò in nome della distensione. E’ curioso che in tanti anni nessuno abbia messo il punto su questo aspetto. Con simile “pedigree” si sono aperte le porte ai governi. Con ritrattini del genere, onorevoli di sinistra e di destra hanno fruito del diritto di appartenere a un Paese normale, con una comoda nicchia nella galleria dei personaggi rappresentativi. A destra e a sinistra tutti facevano il proprio tornaconto. La nevrosi da fascismo consiste nell’attribuire all’altro la propria aggressività; ingigantire intenzionalmente il pericolo della destra in modo da potersi presentare, soprattutto nell’imminenza di una consultazione elettorale, nella vecchia consueta veste di diga alla reazione. Per lungo tempo, il cittadino, davanti a questa messa in scena, si è comportato da “voyeur”. Alla sopravvivenza dello “status quo” hanno concorso, in gran parte, i talk-show della televisione pubblica e privata, volendo fare da scoglio a un fascismo evanescente. Sono stati dati avvertimenti da retrocucina in attesa che si realizzasse il “compromesso storico”. Un allarme per la classe politica avrebbe dovuto essere la desistenza dal voto scelta, per anni, dagli italiani fino alle ultime elezioni. I nostalgici per necessità, non per scelta, preferivano astenersi non nutrendo alcuna speranza nella classe politica. Questa desistenza ha condannato milioni di italiani al vassallaggio che si era tradotto nel “non voto”, ma ha instillato un sentimento vivo di rancore e ha finito per identificarsi con i partiti pentastellati e leghisti. Era fatale che ciò dovesse avvenire; il corpo elettorale, consapevole ormai della “stupidità” delle ideologie, ha scelto chi prometteva lavoro, ripresa, cancellazioni di prebende e vitalizi. E’ nel flusso di questa scia tortuosa che si è preparata una nuova riedizione della destra fascistoide. Intuita l’insufficienza di una politica decisa dalla vetta, l’elettorato è uscito dalla sua apatia. Il ridicolo è decifrabile nel tono delle trasmissioni che continuano a rimproverare i partiti non rendendosi conto che due di questi tra non molto, forse, le cancelleranno.
Maurizio Liverani