IL JOLLY GENTILONI

di MAURIZIO LIVERANI 

In gran parte del parlamento c’è chi pensa di riciclare Paolo Gentiloni come premier. E’ un leader che non va soggetto a crisi; la sua principale qualità è di non concedersi giravolte. Con Gentiloni in cattedra pare che la consegna nelle varie formazioni sia di non avere più nostalgia di Silvio Berlusconi né di Matteo Renzi. Gentiloni ha il tono del politico di bocca buona, sembra di non andare in cerca di voti. Nei suoi discorsi non trovate mai un sorso di donsturzismo; qualche volta offre una strofinatura di sindacalismo mescolato all’acqua piovana del valore dell’uomo, quella che si trova qua e là in qualche tiritera di eminenti democristiani e di sbiaditi ex comunisti. Chi lo “porta” parte da questa premessa: Paolo Gentiloni ha una morale, ma non ha una ben definita dottrina sociale e, quindi, ne prende un po’ dai ruderi della sinistra in cambio di una fioca morale cattolica. E’ consapevole di appartenere a una classe politica ben poco tonificata dalle grandi, svampite ideologie rimpiante. I suoi fasti, si fa per dire, si devono alla sua modestia che gli ha consentito di non essere mai strumentalizzato; ha capito che i genitori di questa politica sono la paura del comunismo e il crollo dell’idea nazionale. E’ toccato a lui essere ora il braccio secolare, ora l’anticipatore dei tempi nuovi, ora il baluardo dei valori della tradizione. Prevedendo un futuro inglorioso per i partiti storici, si è sforzato, da premier, di legare anima e corpo alla ripresa economica. E’ da tempo che Gentiloni ha intuito che il comunismo si è volatilizzato mettendosi nel solco di Forza Italia. Agli ex pci non attribuisce alcuna intenzione recondita; partendo da questa constatazione si è sempre comportato come un cauto riformista. Non si offende, anzi si commuove ricordando il candore di Beniamino Andreatta il quale diceva: “Mi auguro che l’asinello (si era negli anni ’90) si affermi con gli ex comunisti finendo come i piccoli indiani”. Da Andreatta Gentiloni ha attinto il “fiuto”, avendo dato una sterzata alla destra facendola desistere dal rimboccarsi le maniche e a tornare sulle barricate perché persuasa che il comunismo può chiamarsi come si vuole, ma resta sempre immutabile. Con questa immutabilità la sinistra si è servita soltanto per assicurarsi la simpatia del grande capitale e l’occupazione delle poltrone che contano. Gentiloni identifica l’ideale del benessere con l’abbassamento delle tasse e la riduzione della disoccupazione. Un addolcimento del clima politico di cui lui è un’astuta variazione. La sua guida ideale è quella che guida l’uomo medio italiano, cioè la maggioranza, a una riscossa ottenuta gradualmente. Ha ben chiara la convinzione che sia andata all’aria la routine ideologica di tutti i partiti. Come Talete sa fiutare il vento che tira.

MAURIZIO LIVERANI