- di MAURIZIO LIVERANI
- Il cambiamento di governo non ha cambiato proprio nulla. Si è soltanto creato un vocabolo nuovo: tripartitismo. Compatti come governo, divisi come governanti. Il governo è unitario, ma diventa sempre più una triplice. Di Maio e Salvini sanno che tra non molto li attende una battaglia “decisiva” preceduta da congressi, unitari di nome; ma già si fanno i conti. Si registra un nuovo indirizzo dell’opinione pubblica, indirizzo conferitole dalla stampa; nessuno auspica la necessità di un blocco. Dai tre leader è sorta una trilogia. Matteo Salvini sostiene che il Paese non aspetta che lui; quando perde qualche colpo, per riguadagnare terreno, se la prende con Eugenio Scalfari che lo ha accusato di essere razzista. Scalfari esce, periodicamente, dal suo guscio per dare i voti ai governanti e tallonare gli italiani un po’ smarriti a individuare tra i tre l’Uomo, con la U maiuscola, che sappia riportare il Paese nell’ordine e nella legalità. L’ordine e la legalità sono due parole che ricorrono spesso, ma nessuno ha il coraggio di riconosce che sono morte da tempo. Anche il presidente della Repubblica ha trovato il piglio sicuro e netto. Tutti i luoghi comuni della democrazia sono elencati nelle varie perorazioni. Il cittadino attento non saluta questi discorsi con entusiastiche acclamazioni; gli oratori che dovrebbero tenere viva l’unità sembra che facciano a gara a non servire una stessa causa. Conte, Salvini e Di Maio dovrebbero trasmettere la sensazione che, finalmente, la nazione è in mano a una coalizione di governanti seri, coerenti e compatti. Dei tre nessuno deve far nascere sospetti di essere poco attendibile, ma di essere fonte di entusiasmo. Le incrinature, riportate con risalto dai giornali, hanno il sapore di essere utilizzate per mettere zizzania tra di loro. Nel momento attuale i tre sembrano essere l’incarnazione del famoso “buonasera” con cui papa Francesco inaugurò il suo pontificato. A qualcuno può persino andar bene. Il burrascoso e il provvisorio si sono allontanati. Pronti a tornare.
MAURIZIO LIVERANI