IL NUOVO RIPROPONE IL VECCHIO

di MAURIZIO LIVERANI 

La paura attanaglia la politica italiana e il giornalismo che questa politica interpreta. Nelle loro asserzioni categoriche i capi dei partiti e le guide morali del Paese sentono che le loro parole non sono ascoltate. Il politico e il giornalista si atteggiano a contestatori che non scendono per le strade, che non strapazzano i poliziotti, che non gridano frase stantie. Il malcostume ha origini antiche; presuntosi dottrinari sostengono che l’immoralità amministrativa sia nata con la Democrazia cristiana. La replica stizzosa è riassunta nell’accusa di fascista; a forza di essere replicato, questo duellare da poveri di spirito svapora in un’assenza dialettica e morale. Non potendo ripetere l’insulto di fascista, si potrebbe ricorrere a quella di reazionario. I nuovi governanti giocano a fare i monelli. Da una classe dirigente che ha come postulato supremo il benessere materiale è ovvio che nasca una sorta di consapevoli e inconsapevoli parassiti. Il potere mediatico è in mano a una congrega che su ogni rete rappresenta la solita commedia dei dibattiti, delle polemiche sul “malloppo di Stato”. Spunta di tanto in tanto un contestatore sgradevole. Chi è animato dalla volontà di svegliare le menti dai pericoli che incombono sul Paese ha pochi consensi. Intanto il malaffare prosegue la sua marcia. Alla vigilia del disastro completo, preannunciato anche dalla grande stampa, c’è chi sogghigna perfidamente. E così, ripetutamene, abbiamo la conferma che il nichilismo ha trovato il suo altare permanente nella politica italiana.

MAURIZIO LIVERANI