IL NUOVO SILVIO

di Maurizio Liverani

A Silvio Berlusconi verrà accordata (forse) la facoltà di partecipare alle elezioni riproponendosi vessillifero della destra. Come capo di questa coalizione può giocare al rialzo soltanto se specula al ribasso con la sinistra. Per la giustizia la suddivisione destra e sinistra deve sopravvivere. E’ in gioco quella che a molti italiani appare come una semplice pantomima; senza questo dualismo, che per anni ci ha reso feroci, tutto l’apparato rischierebbe di sparire. Perché ritrovi la forza necessaria non può mancare a Montecitorio un crocchio di presenze raccolte soltanto per guadagnare denaro. Per aver nutrito seri dubbi sulla utilità di questa demarcazione, la giustizia ha puntato le sue micidiali frecce contro il presidente di Forza Italia. Con le sue più volte espresse contrarietà verso questo dualismo messo in stato di accusa grazie al sovvenzionamento pubblico, Berlusconi è apparso, di volta in volta, il timoniere di un nuovo “uomo qualunque” e di vedere in un governo di larghe intese una iattura nazionale. Leggere nel panorama della politica italiana la fine di una distinzione che ha arrecato più danni di una dittatura, lo ha esposto alla “tirannia” giudiziaria. Ricordiamoci la famosa definizione di Pietro Nenni: “In Italia c’è una democrazia senza demo”; in sostanza, la dittatura sopravvive con i caratteri di una dittatura finanziaria. Berlusconi, senza mai citarlo, condivide l’opinione di Paul Valéry sulla democrazia: “Ha cominciato come arte di impedire agli uomini di interessarsi di quanto li riguarda; in seguito è diventata arte di costringere gli uomini a prendere decisioni su quanto non capiscono”. In tanti anni gli italiani hanno avuto la conferma di una verità: essere la politica la sola professione che non richieda alcuna preparazione. I nemici e i giudici di Silvio hanno trovato che nel suo atteggiamento moderato sonnecchia la fine delle contrapposizioni, alle quali gli italiani attribuiscono tanti guai. Questa è la principale ragione che rende costantemente popolare la figura del presidente di FI. La sua intuizione, gradualmente, si è corretta e si è fissata in una più moderna identità: perdere il proprio tornaconto ideologico per salvare il Paese; stanco di questo conflitto che ha prodotto fenomeni come il M5s. Collocandosi a destra con Salvini e Meloni, l’uomo di Arcore potrebbe ottenere in tempi brevi il diritto di essere eletto, sfruttando la sua popolarità. Una classe politica in crisi, che si è servita contro di lui soltanto con la magistratura, ha attenuato le ostilità accortasi che troppe intelligenze stanno cambiando orientamento, persuase che contro Berlusconi si sia usata la mannaia giudiziaria. La portata morale della ideologia della sinistra si riassume in una sorta di lotta tra gangster. Contano le capacità non le appartenenze; così ripoliticizzato il presidente di FI ha perso pericolosità agli occhi della sinistra. In sostanza, con le sue nuove mosse, da nemico da perseguire giudiziariamente è visto, oggi, come un oppositore con il quale perpetuare la divisione tra politici d’élite e bravi amministratori.

Maurizio Liverani