di Maurizio Liverani
Il reclutamento degli intellettuali non interessa più di tanto i post-comunisti in questo momento. Giova più qualche asso del gioco del pallone e di qualche bellona della televisione. Di questo si era lamentata Rossana Rossanda quando rimproverò Alba Parietti (allora definita “la coscia lunga della sinistra”) di aver oscurato la figura dell’intellettuale. Un’ arrangiatura di Vasco Rossi più di una terzina di un poeta. Molti intellettuali in agonia ideologica sarebbero pronti a rispondere a ogni richiamo. Questo avveniva quando l”impegno” ha consentito al partito comunista (negli anni di Togliatti e di Berlinguer) di servirsi degli scrittori. Palmiro Togliatti era riuscito a instillare nelle classi dei quartieri alti la persuasione che faceva “fino” professare idee di sinistra. Se hai una buona rendita e titoli in Borsa perché non dovresti essere anche comunista? Si domanda il protagonista di “Herzog”, il romanzo di Saul Bellow. Essere comunista, per lo scomparso premio Nobel, era l’estremo lusso di chi ha tutto il resto. Il narcisismo di sinistra delle classi abbienti, dei salotti si è rivelato nelle recenti elezioni comunali; la maggioranza di voti dei quartieri alti è andata al Pd. Il nuovo è, dunque, la classe agiata; meglio il vip della finanza ed eludere i problemi culturali e ideologici che una simile svolta comporta. Il sostrato ideologico delle nuove scelte è offerto dal capitale. Quel che interessa nei libri e nei film è il tono generale dell’opera, non più l’impegno e la difesa dei grandi valori della Resistenza. Bisognerebbe indagare sulle cause di questo spostamento dai quartieri popolari ai quartieri ricchi. Il supino adattamento della ricca borghesia equivale all’antica obbedienza cieca e assoluta. Per avere autorevolezza, il Pd occupa il tavolo dei benestanti in cui la sola gamba che conta, appunto, è la ricchezza. Il nemico non è il capitalismo. L’avversario bisogna cercarlo di volta in volta, magari inventandoselo.
Maurizio Liverani