FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
IL SOGNO DELLA MERCE
Penne illustre dicono che il video è riuscito a fare quello che non è stato capace di realizzare Garibaldi. Sono le solite esagerazioni prodotte da una cultura che proprio dall’avvento della Tv -fino agli attuali Internet e Social- segna tempo grigio tendente al peggio. Come l’avvento degli aerei ha impedito l’uso della strategia napoleonica, l’arrivo della televisione e di tutte le tecniche della comunicazione in “tempo reale, invece di offrirci una insperata felicità, ci chiude in maniera ferrea in una prigione mentale. Ci troviamo in un universo nel quale si dà sempre più informazione e sempre meno senso. Siamo, come scrive Aldous Huxley nel “Mondo nuovo”, “carne da televisione”. Per questa strada si incappa nel nichilismo come si incappa in una malattia. Le invenzioni che incoraggiano l’umanità a vivere nel famoso “villaggio globale” trovano milioni di accoliti, talvolta fanatici, che considerano con sincera commiserazione chi si sente infelice nella civiltà dell’immagine la quale, con poca grazia e molta petulanza, si appropria di compiti che nulla hanno in comune con il puro pensiero. Una delle conseguenze più penose del villaggio globale è di condurci verso la completa alienazione. L’informazione divora i propri contenuti. “Essa si esaurisce nella messa in scena della comunicazione”, questo scrive Jean Baudrillard nel “Delitto perfetto”. La televisione uccide la realtà. L’inflazione degli eventi produce lo sciopero degli eventi. Lo spettatore si sente in altre mani e affrancato da ogni dovere di decidere di se stesso, liberato dalla libertà. L’ampiezza di informazioni che viene data sulle varie guerre che infestano il mondo costituisce una sorta di neutralizzazione della violenza degli eventi. Bisognerebbe diffidare di questa universalizzazione dei fatti. Baudrillard nel “Fantasma della volontà” asserisce: “continuiamo a fabbricare senso mentre sappiamo che non ce n’è”. Nella “Scrittura automatica del mondo” il delitto perfetto consiste nell’assunzione di tutti i dati, mediante la trasformazione di tutti i nostri atti in pura informazione. Gli “ingranaggi del pensiero sono in cassa integrazione”; e così il reale viene abolito. Pezzo per pezzo, un passo dopo l’altro, il mondo marcia verso l’attuazione degli incubi di Orwell; la marcia, grazie alla televisione, da graduale si è fatta più veloce. Sulla stessa linea di Baudrillard si trova Umberto Eco che, in un lontano convegno su “Televisione, informatica e telecomunicazione”, mise in “guardia da un potere che ci inquieta, un’impresa acefala che sta riducendo la libertà di ciascuno”. E’ questo il disegno del Grande Fratello che vuol dirigere le nostre mosse dal rifugio del video. Si realizza il “Sogno della merce”, altro titolo di Baudrillard, dove si dimostra che la televisione vuol collocarci – raccontando il psicodramma quotidiano – nel teatro delle merci. Il telespettatore guarda merci ed eventi con la stessa freddezza emotiva. Al Salone del Libro di qualche anno fa, il ministro Dario Franceschini , ex democristiano, ha urlato contro la televisione con questi termini: i canali risarciscano i danni fatti alla cultura. Per ora rimane l’unica esternazione critica contro il video fatta da un democristiano.
MAURIZIO LIVERANI