IL SOLO VOLTAGABBANA CONFESSO

di Maurizio Liverani

“E’ morto Marx, è morto Stalin e anch’io non mi sento troppo bene”. E’ un motto di spirito che viene attribuito a Woody Allen, in realtà è un sillogismo grottesco di Ennio Flaiano. L’odio della sinistra per l’autore di “Un marziano a Roma” è sempre stato tale da depredarlo anche delle sue battute. La sua unica colpa è che alla caduta del regime non si atteggiò a fervido antifascista, anche perché non era mai stato fascista. Tanti intellettuali, per anni ammiratori del Duce, non persero tempo: sfornarono articoli di fuoco contro il regime appena defunto. La ferrea regola della crudeltà emerse ai miei occhi di sedicenne quando, in veste di partigiano, andai a riconoscere a piazzale Loreto il cadavere di famiglia, mio zio Augusto Liverani, ministro dei trasporti della Repubblica di Salò. Improvvisamente, questa visione conferì un tocco di colore lugubre alla mia esperienza. Qualche anno dopo, giunto a Roma essendo stato assunto a “Paese Sera”, vidi scendere dalle scale del giornale un personaggio che avevo conosciuto bardato da ufficiale della Decima Mas che mi salutò con entusiasmo. Era Davide Lajolo; gli chiesi cosa facesse lì. “Sono Ulisse, direttore dell’”Unità”. Non mi meravigliai affatto perché subito dopo la caduta del regime avevo conosciuto tanti mussoliniani che nel volgere di poco tempo avevano abbracciato la fede nella “falce e martello”. Una certa primitività e rozzezza psicologica avevo già scoperto in chi, convertendosi, sposava una nuova forma di prostituzione politica; mentre il sottoscritto, senza tormenti e travagli, passava nelle file del nulla. Quando ogni anno il nostro Stato celebra il 25 aprile e prende la parola un presidente della Repubblica ho sempre la sensazione che si faccia la pubblicità a un prodotto scaduto, enfatizzato come se fosse un detersivo. Quando lessi “L’inconveniente di essere nati”, vent’anni dopo piazzale Loreto, mi resi conto che l’Italia era destinata, per dirla con l’autore Emil Cioran, alla “durata dell’agonia dell’indistruttibile” cioè, alla piatta ripetitività. Solo da poco anche le più alte intellettualità hanno ammesso la fine delle ideologie. Tutto, dal dopoguerra in poi, è avvenuto all’insegna del fascismo e dell’antifascismo. Un conflitto “inventato”, ma che si ripete in modo noioso e oppressivo. La prima e la seconda Repubblica hanno in comune amministratori dal “tallone elastico”. Cosa vuol dire? I nostri governanti (la classe dirigente in toto e non soltanto i politici) sono i primi a mettere in pratica la regola italiana: “Il fascismo è una dittatura temperata dalla costante inosservanza delle leggi”. Lo affermava Leo Longanesi. Il fatto che ancora oggi trovo sbalorditivo è che l’ex Decima Mas, Davide Lajolo, divenuto l’Ulisse dell’”Unità”, mi scrivesse da Milano, il 14 aprile del 1962, una lettera in cui mi sollecitava di far tradurre in film la sua autobiografia dal titolo “Il voltagabbana”. Voleva che si conoscesse il suo passaggio rapido dal fascio alla bandiera rossa. Perché non sembri un’invenzione astiosa allego all’articolo la lettera che Lajolo-Ulisse mi inviò, con carta della Camera dei deputati perché, in parlamento, occupava una poltrona del pci.

Maurizio Liverani