di Maurizio Liverani
I palinsesti dei telegiornali cucinano molto pathos su fatti cruenti. Tra tanto pessimismo si insinuano molto spesso nobili richiami a ideali vari. La notizia della morte di un autore straniero molto noto mette i telecronisti nei guai. Il ricordo di Emil Cioran non ha usurpato intere pagine dei giornali. Il regime autarchico vegetale che governa i tg impone la censura. La notizia non è stata data. La spregiudicatezza metafisica dello scrittore romeno francesizzato non si accorda con l’inizio delle vacanze. Eppure Cioran, autore del memorabile, per chi legge, “L’inconveniente di essere nati” (Biblioteca Adelphi 243), sposa un pessimismo di tipo consolatorio. In un capitoletto “in difesa” della corruzione dice: “I disastri delle epoche corrotte sono meno gravi dei flagelli causati dalle epoche di fanatismo; il fango è più piacevole del sangue; e c’è più dolcezza nel vizio che nella virtù, più umanità nella depravazione che nel rigorismo… gli opportunisti hanno salvato i popoli; gli eroi li hanno rovinati”. Alla maniera di Leopardi, Cioran ci aiuta ad accettare la morte. Togliete la paura agli uomini e le “multinazionali della disperazione” entreranno in crisi. La logica negatrice dell’autore di “Principi di decomposizione”, di “Squartamento”, di “La tentazione di esistere” (che affascina generazioni di giovani in tutto il mondo) non contempla il suicidio; la vita è così poca cosa da esimerci dal porvi fine. Lo spiritosone ci esorta a invocare un secondo diluvio più radicale del primo. L’orticello preferito dai direttori dei notiziari è la politica, vero oppio del popolo italiano. Un intrattenimento che ci porta, scrive Saul Bellow, nella irrealtà. Dimenticare Cioran vuol dire immergersi, come lo struzzo, nella sabbia e non studiare le ragioni del calvario che attraversa l’umanità. Citiamo ancora Cioran: “Il desiderio di distruzione è così radicato in noi che nessuno riesce ad estirparlo” e ancora: “Nel Vangelo, secondo gli egizi, Gesù proclama: gli uomini saranno preda della morte finché le donne filieranno… sono venuto a distruggere le opere della donna”. Di qui prende lo spunto per il titolo del libro “L’inconveniente di essere nati”. Non a caso la mente arcaica piena di antiche leggende porta l’umanità a venerare ancora e sempre Stalin, Hitler e Mao. I loro crimini, le loro stragi non sono servite ad altro che ingigantirne la statura. Tutte le loro malefatte, anche quando vengono deplorate, acquistano, agli occhi degli “idealisti”, un carattere sacro. Oltre alla politica, nella stampa e nelle televisioni ci sono le cronache della disperazione e quelle dell’alta moda; c’è ciò che ha reso l’Italia grande nei secoli, ma è oscurato il pensiero filosofico francese dominato da una logica negatrice preferibile per i problemi che pone a quella consolatoria della religione cattolica. Cioran ha inciso nella nostra mente questo aforisma: “Ho sempre cercato i paesaggi anteriori a Dio, da qui il mio debole per il caos… lo stesso sentimento di estranietà, di gioco inutile; ovunque io vada fingo di interessarmi a ciò che mi è indifferente, mi dimeno per automatismo o per carità, senza essere mai partecipe, senza essere mai da nessuna parte. Ciò che mi attira è altrove, non so cosa sia”. E’ questo il chiodo fisso di quasi tutti gli italiani.
Maurizio Liverani