di Maurizio Liverani
E’ da qualche anno che l’”alta politica” ha abbandonato le aule parlamentari. A Montecitorio circolano onorevoli dal cervello anemizzato; è quello che passa il convento della politica. Questo è il grande cruccio dei partiti. Il culto della personalità, una volta, veniva attribuito a politici che non ne avevano, ma si atteggiavano e si comportavano come se ne avessero. Il nuovo capo del governo, Giuseppe Conte, si appropria di una certa curiosità perché assomiglia per simpatia a Jack Lemmon; non suscita invidia e non c’è alcun gusto nel tramare per farlo cadere. La democrazia d’oggi offre tipi del genere che sanno affrontare le azioni senza alzare la voce, minacciare, ma illustrare come un commercialista i vantaggi o gli svantaggi di una certa contabilità. Concludendo con il refrain: “se poi le cose non vanno come dico io, me ne vado”. Questo pericolo che se ne vada allarma anche i rivali i quali non hanno nessuno da proporre. Conte, con il ciuffetto striminzito, piace un po’ a tutti; farsi vedere con lui non aumenta il prestigio. Non vanno più i grandi cerimonieri della politica, quelli che annunciano grandi strategie. Quasi tutti gli eletti hanno vergogna di essere sostenitori di Matteo Salvini, ma sotto sotto hanno sempre brigato con la squallida ideologia delle convergenze parallele. Tutti hanno una gran paura di scomparire se ci fossero nuove elezioni così come Luigi Di Maio è terrorizzato all’idea di eclissarsi. Conte prevale perché molti italiani hanno bisogno di una controfigura di Salvini che fa venire i patemi d’animo non soltanto ai migranti. Casaleggio annuncia che presto o tardi Montecitorio non esisterà più; con puntuali considerazioni prevede la fine della politica. Ormai tutto è economia, rapporti di forza, rapporti personali; tutto il resto è noia. Chi avrebbe mai pensato che il “bau bau” Donald Trump dimostrasse all’improvviso una grande simpatia per il nostro premier Conte che nella sfera della sua politica ha licenziato l’odio. Tutti siamo stanchi di tormentarci con questo sentimento caro a Carl Marx che lo mise come una ciliegina sul panettone “grande capitale”. Ormai siamo abituati a non dare importanza a partiti, ideologie, correnti di pensiero, religiosità inclini alla sodomia. Matteo Renzi non ha una particolare preparazione teorica e ha dato a questo clima l’indifferenza che lascia le decisioni ai capi delle grandi potenze. Dimostrando una grande amicizia con il premier italiano, Trump ha sorpreso Emmanuel Macron, Theresa May e Angela Merkel. Conte, perorando l’amicizia con Putin per non spiacere a Silvio Berlusconi, è oggi amico di tutti. Che cosa favorisce l’Italia in questo passaggio storico? E’ al centro del Mediterraneo, ospita basi americane. Nella fase più imbarazzante della sua gestione, Trump ha scelto il premier e la nazione di gradimento alla sua politica. Tra breve nel Mediterraneo arriveranno grandi navi statunitensi; facile profezia perché l’America pretende, con il consenso degli alleati, di essere il gendarme del mondo. Quanto è avvenuto, forse, pone la fine di tante diatribe. La guerra è sempre stata un mezzo per risolvere le situazioni; anche i grandi capi dal cervellino piccolo hanno capito che non c’è motivo di servirsi di questo mezzo, pur continuando a produrre armi.
Maurizio Liverani