FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
IN NOME DELLA LEGGE
“E’ meno male non aver leggi – ha lasciato scritto Ugo Foscolo – che vederle violate ogni giorno”. Questo assioma ci è venuto in mente con il caso Palomara, espulso dall’Associazione Magistrati. Ha l’aria brusca di un chirurgo frettoloso. Ora ci appare come un martire dal corpo coperto di frecce, insomma, un san Sebastiano del momento.
La “betise” (in italiano, stupidità) è il segno distintivo della nostra classe politica; alla sbarra degli imputati tutti i partiti che, a destra come a sinistra, si assegnano ideologie ormai evanescenti al punto di non essere più studiate. L’adunata nella villa Pamphili segna l’addio a una grande illusione: quella di costituire una vasta intesa. Le adunate oceaniche, promesse sia a destra che a sinistra, somigliano alle scampagnate di buontemponi.
In una trasmissione di alcuni anni fa, ospiti Susanna Agnelli e Giancarlo Pajetta, un comunista simpatico ma iracondo, il presentatore si rivolgeva alla signora chiamandola contessa. Un atteggiamento che dette sui nervi a Pajetta il quale se ne uscì con una frase che lasciò tutti di sasso: “Mi congratulo con la sua famiglia che si è ingigantita grazie alla prima guerra mondiale. Migliaia di morti, ma una bella industria”. La contessa replicò: “Quello che dice è di cattivo gusto. Lei manca di fair play”. Pajetta confermava quello che tutti sanno.
E’ impossibile con i politici d’oggi attuare un’opera di mitizzazione. Ad esempio, Luigi Di Maio è un sub-archetipo di “guida”, neppure adatta alla temperie attuale dominata da quello che dovrebbe essere considerato il suo partito, ricco di mezze figure e di mezze calzette. Cerca di avvolgersi di una certa autorevolezza non trascurando il dinamismo del “tira a campare”.
Ai nostri attori in erba manca quel granello di follia di provocazione che leggiamo nei giovani attori americani. Tempo fa, Carlo Lizzani, richiamato in servizio attivo per girare un film su “Roma città aperta” (un film su quel memorabile film), sentenziò che il cinema italiano era “un capitolo chiuso, la ricerca esaurita, gli sprazzi di vitalità fittizi”.
MAURIZIO LIVERANI