di MAURIZIO LIVERANI
I grandi seviziatori del denaro pubblico non sono soltanto i politici e i superpensionati. Grandi lanzichenecchi del denaro nostro sono anche tipi alla Fabio Fazio che, dalla vetta del “Tempo che fa”, da gran beniamino della sinistra, getta slavine e valanghe contro chi lo accusa di essere superpagato. Uno di questi è Matteo Salvini che è disposto a rifilarci un referendum per rivedere la “paga” anche ai grandi sbafatori che presiedono gli Enti e ai parlamentari. I vecchi dirigenti della tv difendono il “canone” Fazio mentre i nuovi non riescono a mandarlo giù. Di disutilacci, di perdigiorno, di procacciatori di pellegrini i partiti sono pieni. Perché un fagiolino come Fazio sia stato scelto a capataz della trasmissione ammiraglia rimane un mistero. Non si può usare, nel suo caso, la spiegazione che di solito viene data e che perentoriamente viene a galla come un turacciolo: “Ha fatto il ’68” e non potendo usare l’altra scusante: “Ha fatto la Resistenza”; non era ancora nato. Nella pipineria dei partiti ci sono tanti pavoncelli pronti per il “servizio pubblico” televisivo; sono tanti gli impreparati a lottare contro la propria inferiorità di rango disposti a proporsi come conduttori. Con la precedente gestione cattocomunista, un rampollo irrequieto della buona borghesia, con lo sfizio dell’antifascismo, ex galletto del ’68 – l’anno dell’”immaginazione al potere” – ha sempre spiegato l’ingordigia di denaro pubblico con il principio che “le persone che valgono si pagano”; come un poppante ha succhiato dal gran capezzolo del comunismo extraparlamentare nostrano teoria, prassi, strategia, nonché facoltà gestatoria. Rientra nella shakespeariana definizione “le zucche vuote fanno più rumore” che calza a pennello a tutti i manager della nidiata televisiva. Esibendo una laurea adatta per dare ripetizioni a domicilio c’è chi si occupa di telecomunicazioni con la civetteria di un cervello fino. Il bisogno uno e trino dell’affermazione della propria personalità lo attanaglia all’imperativo categorico di Kant, piegato al proprio tornaconto. Nella scelta dei dipendenti televisivi conterà, sempre, più l’appartenenza che il merito. Negli Enti di Stato si adotta un metodo che un’azienda privata non approverebbe mai. E’ in corso una campagna per dimostrare che idee in zucca Fazio ce le ha; ma, purtroppo per chi lo stima, è cambiato il “tempo” politico.
MAURIZIO LIVERANI