INDRO CHIAMA BUONAIUTI

di Maurizio Liverani

Nelle edicole con il “Corriere della Sera” si riceve in omaggio il primo volume de “La storia d’Italia” del “so tutto io”, titolo appioppato scherzosamente a Indro Montanelli da Leo Longanesi. Il grande giornalista, pilastro del “Corriere” per anni, era fiero di detenere il monopolio di quanto accadeva in Italia e nel mondo. Ma “soffriva” anche di essere il solo ad averne diritto. L’impressione di avere concentrata in sé tutta la sofferenza del mondo qualche volta lo infastidiva. Secondo lui, l’esistenza (ma lo confidava a pochi) va verso il nulla, verso il non essere. Longanesi lo consolava a suo modo prendendolo in giro: “Stai tranquillo, non sai nulla, ma lo scrivi così bene”. L’unico che abbia cercato di delegittimarlo fu Piero Ottone; divenuto direttore del “Corriere”, per dissolvere il prestigio di Indro, pretese che gli articoli di tutti i giornalisti apparissero anonimi. La “firma” prestigiosa di Montanelli scompariva così dalle pagine e perdeva il valore che comunemente gli veniva accordato. Era, da parte di Ottone, una confessione di impotenza; non riuscendo a divenire giornalista principe trasformò il foglio di via Solferino in un organo di informazione senza prestigio. Montanelli passò alla “Stampa”, poi divenne direttore del “Giornale”, convincendosi nel tempo che Silvio Berlusconi non dovesse entrare in politica. Indro subì un altro affronto: fu “annientato” come direttore e l’uomo di Arcore fondò il Polo, prologo di Forza Italia. Tutte queste “delusioni” ingigantirono la già notevole figura di Indro (Cilindro da Fucecchio). La passione grande per lo scrivere di questo geniale giornalista-scrittore sopravvive e non ha alcuna intenzione di spegnersi. E’ un segno di civiltà questa diffusione gratuita dei suoi scritti in collaborazione con Mario Cervi. Il caso è da elogiare ma andrebbe esteso ad altri scrittori purtroppo chiusi nel dimenticatoio. Ernesto Buonaiuti e Pier Paolo Pasolini sono uniti nella scomunica. Equivalgono, per la Chiesa, a pericoli da evitare con ogni cura, per la salvezza delle “anime bianche e rosse”. Perché si continua a tenere sotto silenzio il ricordo e il nome del sacerdote Buonaiuti? si domandava, anni fa, in una sua “stanza” (mai vuota di intelligente riflessione) proprio Indro Montanelli. Aggiungeva: “…una Chiesa che ha riconsacrato un Giordano Bruno non riconsacra Ernesto Buonaiuti?”. Sul “Corriere della Sera” si dava, anni fa, notizia con rilievo della prima lapide dedicata a Pasolini, scrittore di “Accattone”, delle “Ceneri di Gramsci”, di “Una vita violenta”. Buonaiuti e Pasolini, due “eretici” che si incastrano perché non in antitesi. Sia l’uno che l’altro danno voce a crisi di certezze. Per il “Dizionario letterario Bompiani” il sacerdote è il più acuto interprete del “modernismo”; le “Lettere di un prete modernista” rappresentavano, nei primi anni del secolo scorso, la protesta contro la religiosità pessimistica e cupa e l’esaltazione di un cristianesimo visto come gioioso, festoso, esultante espressione della vitalità dell’uomo. L’acuta precisazione di Montanelli trova nelle “Lettere” di Buonaiuti la risposta alla domanda che si poneva. “Il cattolicesimo – scrive Buonaiuti – sebbene rappresenti la continuazione storica del Vangelo, non ne costituisce, però, la continuazione psicologica, perché lo stato d’animo che esso suppone, fatto di ascetismo e mortificazione, non corrisponde affatto allo stato d’animo che Gesù modella con la speranza del regno e con la gioia del trionfo imminente…”. Scrive ancora: “La società moderna vuole che l’individuo e la collettività non si rassegnino inerti al male della vita, ma cerchino di migliorarla… Il cattolicesimo predica, invece, la rassegnazione al male presente, in vista di un misterioso premio al di là della tomba, inculca l’abbandono di ogni volontà irrequieta d’avanzamento nella prosperità. Costituisce, con la sua dottrina ascetica, il più potente sostegno al mondo del privilegio”. Nel 1918, Mario Missiroli (considerato l’uomo più intelligente d’Italia) da direttore de “Il Resto del Carlino” invitò Buonaiuti a collaborare al suo quotidiano come “vaticanista” (altri tempi). Ernesto Buonaiuti e Pier Paolo Pasolini ci confermano il convincimento che le due Chiese, la cattolica e la comunista, sono costrette, loro malgrado, a coesistere nella scomunica.

Maurizio Liverani