FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
INSUPERABILE TOTO’
Siamo indotti a parlare di Totò da un interessante libro dal titolo “Caporali tanti, uomini pochissimi. La storia secondo Totò” di Emilio Gentile (Laterza). Ogni comico italiano vorrebbe trovarsi un patrono, un iniziatore in Totò; dovrebbe, però, subito riconoscere che si tratta di una derivazione illusoria. Totò è un miracolo isolato e senza seguito; lo stato del cinema comico è fermo alla trivialità, alla latitante inventiva della televisione. E’ un tipo di comicità accolta indulgentemente tra le pareti domestiche; una comicità intramezzata da altri diversivi e che riesce a strappare qualche sorrisetto. Totò è un fenomeno cinematografico che piace a Woody Allen il quale sostiene che la fama è un’effimera illusione. Sembra abbia diretto il film “Celebrity” per distruggere il mito di Leonardo Di Caprio. Noi dello spettacolo, vuol dirci, siamo degli yo-yo umani. Ci muoviamo a zig zag tra la disperazione e la speranza animale. Allen usa il mondo dello spettacolo come simbolo di un universo in cui abbiamo soltanto sterilità e logomachia. E’ difficile che rinascano attori comici come Totò. Lo rimpiangiamo perché è stato, forse, il solo, da noi, a essersi accorto, da artista, dell’importanza di prendersi gioco della seriosità. Nelle pellicole di Totò, come in quelle di Chaplin, c’è il film e c’è il comico, in altri troviamo “numeri” ma il film non c’è. Chaplin e Totò – gli anni ce lo dimostrano – sopravvivono. La comicità alla Totò è una forma di stupore estroso ed eccitante. A volte c’è anche l’amarezza, la sorpresa della felicità perduta. Il comico italiano, alla maniera di Roberto Benigni, denuda esageratamente i propri estri. Progenitore di questo genere è stato Dario Fo, il quale preferiva, però, denudare situazioni in un gioco un po’ svagato e surreale. Rimpiangiamo Gigi Proietti e Massimo Troisi. Rimpiangiamo Campanini e Walter Chiari, la loro eleganza, il sorriso e il divertimento. La maggior parte dei nostri comici sono, attualmente, irsuti nell’espressione, impetuosi nell’affrontare personaggi e situazioni senza curarsi delle raffinate nuances che per Sergio Tofano, Carlo Dapporto, Renato Rascel sono state leggi inviolabili, come lo sono state per Paolo Poli e Franca Valeri. Per questi attori, come per Carlo Verdone, l’ironia è una cura necessaria ai popoli ammalati, come il nostro, di sciatteria. A proposito di Verdone, la sua arguzia e la sua finezza oggi sembrano il grido di un fucile.
MAURIZIO LIVERANI