INVOCAZIONI INASCOLTATE

FATEMELO DIRE 
di MAURIZIO LIVERANI
 
 INVOCAZIONI INASCOLTATE

Sofferenza e sangue si susseguono senza che i media riescano a stabilire di chi sia la colpa e di chi tra due eroi sia più degno di onori e rispetto. Tra gli scritti di Albert Camus c’è un discorso che tenne, nel 1948, nel convento domenicano di Latour-Maubourg nel quale era stato invitato a rispondere a questa domanda: “Che cosa vogliono i non credenti dai cristiani?”. Ai domenicani Camus parlò chiaro: “Perché non dirvi che ho atteso per tanto tempo, per tutti questi anni spaventosi, che una grande voce si facesse sentire da Roma? Sì, io miscredente. Perché io sapevo che lo spirito si sperde quando non lancia alto contro la violenza il grido della condanna. Dicono che questa voce si sia fatta sentire. Giuro che, come me, milioni di altri uomini non l’hanno udita, e questo proprio in questo momento in cui nel cuore di tutti, credenti e miscredenti, regnava una solitudine che dilagava man mano che i giorni seguivano i giorni e che i carnefici si moltiplicavano”. Questa domanda bruciante si ripropone oggi. I credenti sono stanchi di parole che in fondo assolvono tutto, sia che aggredisca o venga aggredito. Il male è sempre lo spauracchio. Con i palestinesi si può convivere è inesatto. L’odio verso i cristiani vive anche negli animi più docili. I democratici cristiani di sinistra e di destra sanno per esperienza che la “gran voce” di condanna non si farà mai sentire. L’umanità è sempre tentata di abbandonare gli israeliani a combattere da soli questa battaglia contro il fanatismo e si illude di darsi un titolo di nobiltà a piangere lacrime ipocrite sulle vittime di Hitler. La buona volontà si misura sulla base dell’impegno nel presente. Perché la Chiesa cattolica, nella faccenda del medio oriente, ha imboccato la strada dell’indeterminatezza in modo da non scontentare nessuno. Favorendo, speriamo involontariamente, la secrezione accelerata di filo-arabismo. La Chiesa cede alla tentazione di non precisare il bersaglio. Un atteggiamento di grave debolezza che lascia privi di “bussola cattolica” i cristiani di tutto il mondo. Resta da sapere se la Chiesa sappia condannare le barbarie del fanatismo islamico oppure, come Camus, dovremmo attendere invano che “una grande voce” si faccia sentire da Roma. In questi giorni, in queste ore, i “nemici” dell’uomo hanno introdotto una sorta di regime del terrore con il micidiale coronavirus. E’ un evento epocale. Passa il tempo e l’umanità, soprattutto quella dei fedeli, aspetta dal Santo Padre una parola di sdegno e di conforto. Nel mondo intero è sorta una disperata assenza di fiducia nell’avvenire. Nella “Tentazione di esistere”, Emil Cioran a proposito di Dio dice: “Finora gli abbiamo accordato le nostre virtù; non osavamo attribuirgli i nostri vizi. Umanizzato, finisce con l’assomigliarci; nessuno dei nostri difetti gli è estraneo”. Per recuperare presto la sua “trascendenza infinita” e non incoraggiare il nichilismo dilagante, il cattolico deve cessare di far risuonare l’importanza dei valori, scaduti. La Chiesa ha grosse responsabilità in questa “apocalisse” che si abbatte sul mondo; perché la fede ritrovi la propria essenza, al di là delle bonarie esortazioni corrispondenti al “volemose bbene” romanesco, deve risolutamente schierarsi contro l’imbruttimento del mondo. Riproponendo di continuo i principi senza l’accompagnamento del “giusto sdegno” di cui parla il Vangelo, le cose nel mondo non potranno che peggiorare. Con questa dilagante epidemia la religione rischia di diventare, o è già diventata, la caricatura tragica della fede.

 MAURIZIO LIVERANI