L’ OTTIMISMO DELLA VOLONTA’

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI 
 
L’ OTTIMISMO DELLA VOLONTA’
“Molti di coloro che si occupano del festival cinematografico di Venezia detestano l’inesattezza e sono sopraffatti dalla menzogna”, diceva Ennio Flaiano. Nel 1947, alla ripresa della famosa rassegna, ero quasi ventenne. Trascorsa l’infanzia e la prima giovinezza al Lido, sono stato testimone della rinascita di questa mostra che seguo da allora; soprattutto da quando assunsi l’incarico di critico cinematografico di “Paese Sera”. Ho registrato il “raccapriccio” della stampa di sinistra quando il, secondo loro, già designato Leone d’Oro a “La terra trema” (1948) di Luchino Visconti venne sopravanzato dal famoso “Rashomon”, con Toshiro Mifune, di Kurosawa. Correvano voci che il massimo riconoscimento sarebbe andato al bellissimo film di Visconti di intonazione filocomunista pur essendo i dirigenti della mostra quasi tutti democristiani. Siamo in grado di affermare che il compromesso storico tra Pci e Dc pose le basi al Palazzo del Cinema, al Lido di Venezia. Non intendo rivedere le pulci a nessuno, ma di precisare solo alcuni punti. Uno che mi sta particolarmente a cuore riguarda il mio rapporto con l’onorevole Giulio Andreotti con il quale intrecciai una frequentazione dopo che il democristiano Mario Melloni, grande estimatore del Divo Giulio, passò in un battibaleno da direttore de “Il Popolo” a “Paese Sera” (1956) dove scrivevo. Per prima cosa mi indusse a rivolgermi ad Andreotti, allora vicepresidente del Consiglio (il premier era De Gasperi), affinché mi spiegasse quel “I panni sporchi si lavano in casa”, frase con la quale aveva indotto, anni prima, Angelo Rizzoli senior a ritirare dagli schermi il capolavoro di Vittorio De Sica, “Umberto D” (1952), sfuggito alla censura “preventiva” promossa dallo stesso “Divo” nel 1949 quando era sottosegretario allo Spettacolo. L’onorevole mi disse: “Non è stata una censura, è stato un semplice consiglio”. Mi spiegò di non aver mai avuto l’anima del censore. In altra occasione, Andreotti, dimostrandomi una inaspettata simpatia, disse che Mario Melloni, con la sua fretta di arrivare al compromesso storico senza attendere il benestare delle grandi potenze, si comportava a modo suo, la sua ambizione era quella di essere un anticipatore di questo “inciucio terapeutico” (così lo battezzò Mario Alicata). Inoltre, si divertì a raccontarmi come Melloni, inaugurando la sua rubrica sull’”Unità” firmandosi Fortebraccio, stilò questo aforisma destinato a far ridere i compagni: “Il cielo preferisce gli animosi e i pugnaci, ma se Dio, come afferma un vecchio film, ha bisogno degli uomini, ha anche bisogno delle bandiere rosse”. Invitai Andreotti alla visione del mio film “Sai cosa faceva Stalin alle donne?”; mi disse di essersi divertito e aggiunse: “Si vede che sei amico di Ennio Flaiano”. Nel 2010, mi consegnò il premio “Sgarlata alla cultura”. A parer mio chi immagina Andreotti censore e moralista cade in errore. Ci si augura che questa volta al festival prevalga l’ottimismo dell’intelligenza.
MAURIZIO LIVERANI