LA BEFFA

di Maurizio Liverani

Niente cosacchi che si abbeverano alle fontane di piazza San Pietro; niente invocazioni astrali come “a da venì Baffone”. Che bei tempi, quando tra la simpatica faccia di Fernandel e la bonomia bolognese di Peppone-Gino Cervi si assisteva a una schermaglia che divertiva tanto gli italiani, consapevoli, inconsciamente, che le due ideologie, la rossa e la bianca, erano due scemenze, come ci ha dimostrato André Glucksmann con il libro “La stupidità”. L’aspirazione all’inciucio era la speranza di tutti gli italiani cui si era cercato di inculcare che tra noi non c’era alcun “bacillo virgola” che giustificasse ostilità partigiane e che il rosso era semplicemente un colore sgargiante. Il primo a metterci in guardia contro la scemenza delle ideologie fu proprio Palmiro Togliatti che aveva imparato a conoscere quella che scatenò una guerra inutile, per poi, appunto, diventare una guerra ideologica, vacua e che propagava nel mondo miseria e rancori. L’Italia è vissuta tutti questi anni sotto questo pergolato ideologico e oggi viene investita dal ridicolo con la proposta avanza da quello spiritosone di Silvio Berlusconi di essere prescelto come capo del governo. Mentre Luigi Di Maio e Matteo Salvini, dopo essersi detti preoccupati della miserevole condizione in cui i politici hanno trascinato il Paese, si presentano, mentendo, come l’esigenza di purezza morale da spiriti eletti, Berlusconi svela di non appartenere alla razza degli ideologici guerrafondai e mette alla berlina la politica sostenendo che per essere autenticamente indignati bisogna essere liberi. I capi-partiti ci appaiono, improvvisamente, alla stregua di flagelli di galline con un istinto innato del proprio tornaconto. E’ difficile impregnare con le lodi della moralità tipi alla Di Maio e Salvini; ogni giorno si fanno lustrare da una stampa che ha perduto il lume della ragione come cavalli pronti ad arrivare primi al traguardo. L’esito delle elezioni e i conseguenti bisticci ideologici non riescono a farli passare per i tonitruanti condottieri del nuovo. Questo nuovo è ammuffito e continua ad ammuffire. In questa Italia in cui ogni essere è quasi sempre doppio, è facile trovare politici parlare, per diritto o per traverso, da profeti di un mondo nuovo. Tutto si risolve in un grande Barnum di pigmei che cercano vanamente di darsi un alone di alta moralità. Questo indaffarìo dà luogo a indiscrezioni malvage: potrebbe essere un grande affare. Il duo Lescano dei nostri giorni è stonato. Non è difficile immaginare che il leader di FI, proponendosi come capo del governo, voglia silurare questo caravanserraglio; sa che nell’azione dei nuovi venuti c’è una elaborazione stentata, appartengono alla razza dei sottomessi. Nonostante il buon esito elettorale, i nuovi venuti sono inciampati con la loro ardita iniziativa nel destino che Emil Cioran (sempre lui) definisce l’”agonia dell’indistruttibile”. Per salire ai vertici è difficile farlo con la scala di servizio.

Maurizio Liverani