FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
LA CASA DEI NIET
L’Italia guazzerebbe sull’orlo del disastro. Quando non sanno procurarsi questo piacere sadico di mettere in angoscia i lettori, gli opinionisti vanno a cercarla nelle agenzie di rating; in questi giorni messi in stato di accusa per le loro mendaci previsioni. Alcuni principi del lamento ricordano quel condannato a morte di cui parla Freud. Il giorno dell’esecuzione, un lunedì, disse: “Ecco una settimana che comincia bene”.
Capi partito e politici in genere inducono solo a turarci il naso e a nutrire qualche granello di speranza. Potrebbe accadere che le parole della saggia Merkel rendano più perspicaci i carnevaleschi saggi della politica italiana, in questi giorni alla ribalta senza scopo.
Nelle viscere della “gauche caviar” c’è posto per tutti. E’ uno xilofono con cento suoni per tante orecchie diverse. Oriana Fallaci ha sollevato un sasso e sotto ha scoperto un nido di vermi. Molti, improvvisamente, hanno capito il grosso equivoco in cui il Paese è caduto in questi cinquant’anni di cattocomunismo.
Tutti sanno che il primo a chiamare il comunismo “Cosa” è stato Jean-Paul Sartre per indicare l’immutabilità di un’ideologia che esige la distruzione degli oppositori e si riveste della “menzogna multipla”.
Mosca non esitò a mandare i cingolati, nel ’68, a Praga. “Disgrazia” deprecata per qualche giorno, secondo la tradizione opportunistica della nostra stampa. L’ostentata moderazione fu apprezzata dai grandi industriali che hanno fatto sempre buoni affari con l’Unione Sovietica.
I nuovi strateghi della sinistra considerano la vecchia guardia gran patacche. Il solo a essere ancora riverito è Giorgio Napolitano, forse perché inalbera un Borsalino alla Jack Lemmon.
Gli Stati europei non sanno gestire, fuori dai crocicchi finanziari, una realtà alla quale, volontariamente, hanno voluto dar vita. C’è chi, provocatoriamente, si chiede: “Il Muro era meglio?”.
Nelle trasmissioni televisive si sono spente le collere; tutti sembrano imbottigliati nella sacra ampolla dell’alleanza. Le antenne responsabili ripetono, direbbe un romano: ”State boni”.
Dallo scranno della Camera, Luigi Di Maio ha sperato di trasformare se stesso in personaggio rappresentativo. Ora sappiamo che è uno che s’inventa.
MAURIZIO LIVERANI
Commenti e aforismi tratti dalle opere di Maurizio Liverani e dai suoi recenti articoli