di Maurizio Liverani
L’uomo politico senza principi è una specialità soprattutto italiana. Se retrodatiamo il corso di questo calvario che è stato ed è l’unità d’Italia, sono infiniti i passaggi da un fronte all’altro degli schieramenti. Il biasimo è giusto se si parte dai postulati della coerenza, non lo è se si dà ascolto a Baudelaire il quale voleva aggiungere alla “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” anche la libertà di contraddirsi e di cambiare idea. L’autore dei “Fiori del male” rendeva omaggio alla sua “canonica” coerenza; quello che non trovava in un pensiero filosofico lo cercava altrove e, per di più, non dava alcuna spiegazione. I nostri politici baudelairizzano senza sosta, senza mai dare uno straccio di motivazione. Un tempo passavano, almeno per qualche stagione, nel gruppo misto oppure facevano autocritica. Senza il fasto di un’autocritica, in Italia, si è dei semplici voltagabbana. Dal trasformismo si è passati alla spudoratezza e al varco troviamo sempre il nostro caro Emil Cioran, il quale vede in questo fenomeno la responsabilità divina. Nella “Tentazione di esistere”, a proposito di Dio dice: “Finora gli abbiamo accordato le nostre virtù; non osavamo attribuirgli i nostri vizi. Umanizzato, finisce con l’assomigliarci: nessuno dei nostri difetti gli è estraneo. Lo sviluppo della teologia e la volontà di antropomorfismo non è mai stato spinto così lontano”. Noi siamo abituati a pensare che il trasformismo più che un vizio sia una virtù nella politica. Resta un vizio agli occhi di chi crede al dio di un tempo, quello che ci è stato insegnato e illustrato nei collegi. Oggi è ammesso in sé, con le stigmate del divino. E’ l’arte del possibile vista dall’alto dei cieli; è adottata da un vangelo modernizzato. Questa modernizzazione, scrive Cioran, del cielo segna la sua fine. Come venerare un dio evoluto, alla moda? Ma con il trasformismo di massa sta recuperando in fretta la sua “trascendenza infinita”. Fino a qualche tempo fa il credente doveva essere un modello, oggi è semplicemente un’anomalia senza attrattive. Pensate a Denis Verdini. Ecco che su questi ben tracciati solchi del trasformismo non gettano più le loro sementi chi vuol esasperarci con le loro eterne indignazioni delle quali si dilettano i moralisti , noiose e insistenti come le mosche. Il beffardo Swift diceva come con l’indignazione si conoscono alte tirature e grandi guadagni. Per eliminare tante recriminazioni si sta decidendo, fuori del Palazzo, di considerare che una mene pensante e credente può cambiare idea più volte purché attesti di farlo per il bene della comunità. E questa indulgenza si irradia anche nel mondo della religione: si può essere cattolici per un certo periodo, atei per un altro. La diserzione di massa è accettata pur di evitare che porti a conflitti.
Maurizio Liverani