LA GUERRA EDITORIALE

  •  di MAURIZIO LIVERANI
  • Il giudice ottiene, in Italia, il ruolo che gli spetta. Spiluzzicando nelle liste dei partiti di sinistra se ne traeva la sensazione che al governo ci sarebbero stati soltanto uomini di diritto. Non era il capriccio del caso. La specializzazione ha tolto al marxismo ogni capacità di sintesi e, quindi, di ogni valore. In una famosa intervista politico-filosofica il compianto Lucio Colletti dimostra come le sinistre siano state tradite dallo statalismo e che tutte le previsioni di Marx siano risultate fallaci. Compito del marxismo era di dar vita a un governo di stampo laburista. Secondo Ettore Paratore “la stessa contestazione giovanile del ’68 non fu altro che la reazione al comunismo in nome di un consumismo maggiore, in mancanza di cultura”. C’è come un destino che conduce la vita dei partiti all’estremo delle loro prove; esausti, cercano la salvezza con stratagemmi per illudere l’elettore e far credere che si stia entrando in un’epoca in cui la giustizia forense prenderà il posto della giustizia sociale. Il primo errore è stato di credere che con la kermesse di Tangentopoli si annunciava l’instaurazione di una sorta di regime del terrore. In pochi si sono accorti che è stato applicato, privilegiandolo, il giustizialismo, accantonando il marxismo. Il tempo ha aperto gli occhi agli italiani i quali, in questi anni, sono sempre più restii a venire a patti con i partiti. La sirena dell’impegno non affascina più; abboccano alcuni untorelli del cinema e del teatro. Voler eccellere, per un vero artista, significa anche non dipendere da nessuno. Renato Guttuso si commuoveva soltanto al pensiero di guadagnar denaro o al timore di perderlo. Attitudine che poi è dilagata. Pochi avevano il coraggio di dire di non amare il “tribuno illustrato” (così era battezzato il celebre pittore)  temendo di essere piccoli borghesi, ignoranti e provinciali, ma ci si lasciava abboccare dalla sua fama marxista. Guttuso voleva primeggiare in tutto; con piglio arrogante partecipava alle rassegne soltanto a condizione di essere incensato oltre misura. Per ragioni tattiche i comunisti hanno sempre difeso la cultura, ma non l’hanno mai onorata veramente. Si sta facendo, all’insaputa dell’élite di ieri, una selezione alla rovescia. E’ vera l’analisi di chi registra l’assenza di una cultura di destra; sono bizzarrie, sopravvive, agonizzante, un rapporto mercenario con il cinema di sinistra. L’editoria è prevalentemente in mano alla destra che favorisce, paradossalmente (per ragioni di mercato), scrittori che si dicono di sinistra. La “droit” cerca di arginare la “gauche”, la “guache” cerca di arginare la “droit”. Questo accade perché gli intellettuali sono seppelliti nell’idea del monolitismo editoriale. Uno scrittore libero, lo ripetiamo, non dovrebbe dipendere da nessuno. Non dovrebbe, cioè, essere affetto da strabismo editoriale alla maniera di chi pubblica con un editore di sinistra per entrare, contemporaneamente, nell’orbita della destra. Un strumentalizzazione uguale e contraria a quella praticata per anni dai comunisti. Un editore libero è scomodo, in Italia, dove il dogma è preferito al dubbio.

MAURIZIO LIVERANI