di Maurizio Liverani
Indro Montanelli si era battuto sino all’ultimo per indurre Silvio Berlusconi a non confondersi con la politica. Aveva capito che l’uomo di Arcore non appartiene alla razza dei “notabili” che si atteggiano a demiurghi, ma al momento di risolvere le equazioni ( con molte incognite) delle imprevedibilità e delle crisi si rintanano nel guscio come lumache. Fatti di mediocrità e di piatta insufficienza avversano qualsiasi slancio rinnovatore, più interessati alla moneta degli intrighi di partito che agli interessi del Paese. Silvio cercò di convincere Indro di essersi ormai “scafato” e che non si sarebbe bruciato nella graticola della politica, per giunta di quella italiana in cui pullulano gli adoratori del vicolo cieco. Alla guida del governo, Berlusconi ha dimostrato intelligenza e di saper fare quanto occorre per riuscire gradito agli italiani; vale a dire sgradito alla classe politica. Le numerose minacce di defenestrarlo, ora con la magistratura ora con la violenza, hanno fatto alle sue orecchie un lieve ronzio. Con le sue improvvisazioni apparve subito l’opposto dell’”uomo-poltrona”. I democristiani si erano illusi che fosse un democristiano di una specie differente. Pochi si accorsero che la sua vocazione era al di là della mediocrità della vita politica italiana; quelli che lo avevano preceduto hanno cercato di far credere di appartenere alla razza selezionata dei geni. Mentre Silvio si è limitato da subito di farci sapere che avrebbe cercato di intonarsi con i tempi. Si è accorto tardi che i partiti, i sindacati e le mafie hanno ridotto l’uomo politico in un tipo “ricattabile”. Nonostante tante avvisaglie, Berlusconi si è imposto con autorevolezza e singolarità sulla scena politica. Da uomo corretto ha purtroppo dato fiducia a uomini senza qualità, confortato soltanto dalla simpatia che provava per loro senza verificare, meglio monitorare le loro capacità. Ex comunisti con Lenin nelle vene, democristiani con Dossetti nel cuore, socialisti che avevano tradito Craxi, ex missini capitanati da girella, falsi leghisti fecero corona al timoniere del centrodestra. Quell’insediamento a Palazzo Chigi, pur con la sua condiscendenza, innervosì tutti gli oppositori, i quali per restare a galla pensano che bisogna incutere paura. Democristiani e comunisti cominciarono a covare feroci rivincite; sono abituati a strisciare, ma come “striscioni” quando arrivano mordono alla maniera di roditori affamati. Quando un politico diventa cattocomunista assume toni cannibaleschi. Sono ormai da anni che la personalità non mette più il suo sigillo sui generalissimi della vecchia guardia; i volti dei democristiani e comunisti – del passato e del presente – non esprimono alcuna seduzione intellettuale. E’ questa l’epoca delle mezze maniche. In questa aurea di mediocrità, prima o dopo, doveva spuntare chi avrebbe dato la pugnalata alle spalle. Il “pronunciamiento” contro Silvio sulla stampa e il video è stato quotidiano. Il suo fine era quello di por fine alla divisione tra gli italiani e per raggiungerlo ha messo a disposizione degli avversari gran parte della sua saggezza politica. La gratitudine dei nemici si è tradotta in un aumento dell’odio. Il suo fisico è giunto a un punto critico; per fortuna le Br politiche sono arrivate solo ai confini del cuore. In questi giorni avrà abbastanza tempo per riflettere “sui vantaggi della transizione democratica verso il socialismo”, come scrive François Revel.
Maurizio Liverani