di Barbara Soffici
Da tempo è chiaro che dietro la questione migranti si stia programmando lo scontro politico della prossima primavera. Ma nella preparazione della campagna elettorale la divisione destra – rigore, rispetto della legge, e sinistra – accoglienza, buonismo ad oltranza, alla fine è saltata: il senso di “responsabilità” è dunque prevalso. E’ già da tempo che dietro l’incontrollato flusso di migranti, quasi sempre non economici, si cela un disagio che sta pervadendo spazi territoriali sempre più vasti, generando spesso un profondo malcontento nei cittadini italiani. Malcontento legato alle difficoltà non solo di integrazione, ma di gestione dei numerosi nuovi arrivati. E’ stato quindi necessario prendere misure adeguate per riuscire allo stesso tempo a contenere l’ordine pubblico e a regolare l’accoglienza all’interno delle comunità. Il ministro dell’Interno Marco Minniti, sottolineati i rischi sociali di un’accoglienza incontrollata, andando contro i “diktat di partito”, ha sostenuto una linea di rigore per combattere “gli scafisti e il traffico di esseri umani”, messi già in difficoltà dalla flotta richiesta all’Italia dal premier libico Serraj. Accertata la collusione tra gli scafisti e alcune Organizzazioni non governative, a fine luglio il Viminale ha varato il codice di comportamento per le navi Ong, sollevando però le critiche di quanti stanno sostenendo da tempo il primato dell’accoglienza e della tutela della vita umana, in primis la Chiesa. Il 5 di agosto con il trasbordo di un centinaio di migranti da una nave di Medici senza Frontiere (Msf) alla Guardia costiera (coordinata dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti Delrio) il codice di comportamento varato da Minniti per evitare la collusione tra soccorritori e scafisti è stato violato. Msf non risulta infatti tra le Ong che hanno sottoscritto il protocollo del Viminale e per questo il ministro dell’Interno ha minacciato le dimissioni: “Se si va avanti così, lascio. Ci può essere una sola linea sul fronte migratorio”. Il braccio di ferro tra Minniti e Delrio, entrambi ministri del Pd, ha rischiato di affondare il governo Gentiloni in una crisi che è stata scongiurata dal Colle, che ha espresso pubblicamente “grande apprezzamento per l’impegno del responsabile del Viminale”. E’ stata riconosciuta così la titolarità della questione migratoria e della gestione del contrasto al traffico di esseri umani a Minniti che ha subito stretto anche sui permessi e sulle richieste d’asilo; anche se per i rimpatri i tempi si annunciano lunghi sia a causa dei costi e della difficile organizzazione dei viaggi, sia per la mancata collaborazione dei paesi di origine degli espulsi. L’inizio del mese di agosto è stato quindi pieno di tensioni e compromessi all’interno del Pd. Minniti, elogiato dalle opposizioni per “il coraggio civico” dimostrato nell’ “anteporre le sue convinzioni ai diktat del suo partito”, è stato accusato dai renziani di “cavalcare la linea “legge e ordine” per “accreditarsi come uno dei potenziali premier”, gradito però anche dalle opposizioni. Anche l’inversione di marcia della Chiesa, che ora approva la “rigorosa linea del Governo”, la dice lunga sul clima di compromesso che si respira in questi giorni sul tema migranti. Vista l’emergenza in corso con i flussi migratori, anche sul fronte delle nuove norme sulla cittadinanza dei figli di stranieri residenti nel nostro Paese da almeno 5 anni (il cosiddetto Ius Soli, che è costato le dimissioni del ministro delle politiche della famiglia Enrico Costa) si sta cercando di rallentare, di trovare un compromesso; perché con ulteriori scontri la maggioranza potrebbe saltare, con il rischio di una crisi di governo in autunno, proprio quando dovrà essere approvata la legge di stabilità.
Barbara Soffici