di MAURIZIO LIVERANI
La sinistra è stata sempre compatta soltanto nei suoi rancori. Puntuale arriva l’invito delle penne specifiche interessate alla politica-politicante (senza la quale non avrebbero vita, pane e lattuccio). Superata la crisi isterica, i desistenti hanno cambiato idea; tornano sui loro passi convinti di essere un partito vincente. Soprattutto gli ottimisti hanno meditato e, gradualmente, assaporano il piacere di ricompattarsi. Facili a mutare d’umore, soffocato il brontolio, nei circoli del partito gli iscritti sono pronti a votare per gli aspiranti segretari.
I più papabili sono tre. Del primo, gli altri due dicono: “Crede appassionatamente nelle idee che non ha”. Del secondo: “Non mi farò mai dominare da altri”. Del terzo: “E’ ancora illuso che sia scoccata la sua ora”. Questi commenti fanno capire come la raggiunta intesa non sia stata mai neanche sfiorata. In questo clima i tre amici-nemici lasciano credere che il partito si ricompatterà e vincerà. La loro meta è di conservare il potere dividendoselo come fanno i gangster quando dividono tra i loro clan le zone d’influenza.
La
base è costretta a chiedersi: “possiamo fidarci?”. Basta
meditare su quanto sta avvenendo per concludere che fidarsi è
impossibile. I tre aspiranti si erigono, spocchiosamente, a
interpreti di aspirazioni profonde, convinti che la cicuta la faranno
ingoiare agli altri. Chi sarà la guida ideale di un partito in cerca
della propria autonomia? Tutti hanno l’aria dei vincitori, ma tutto
lascia credere che siamo alla resa dei conti.
MAURIZIO
LIVERANI