LA SAGRA DELLA PRESA IN GIRO

di Maurizio Liverani

Gli italiani si sono ormai persuasi che destra e sinistra (che oggi ufficialmente non esistono più) chiamavano questo “nulla” democrazia. L’americano Ambrose Bierce nel “Dizionario del diavolo”, redatto nel 1885, mette questa definizione, diffusissima negli Stati Uniti ma non in Europa, della politica: “Modo di guadagnarsi la vita simile a quello dei settori più squallidi della delinquenza abituale. Conflitto di interessi mascherato da lotta fra opposte fazioni. Conduzione di affari pubblici per interessi privati”. Ai nostri giorni Emil Cioran dice: “I disastri delle epoche corrotte sono meno gravi dei flagelli causati dalle epoche del fanatismo; il fango è più piacevole del sangue; e c’è più dolcezza nel vizio che nella virtù… gli opportunisti hanno salvato i popoli; gli eroi li hanno rovinati”. Per noi italiani tutto ciò non è una rivelazione perché nella difesa della corruzione siamo maestri sin dalla proclamazione dell’Unità d’Italia. Non è un buon insegnamento; è il trionfo del cinismo questo sentirsi contemporaneamente, magari a giorni alterni, virtuosi e corrotti. Perché indignarsi di tanti scandali che costellano il nostro Paese? Perché gettare fango su chi, dissanguando le casse dello Stato, ha commesso tali nefandezze sino, per ora, al crollo del ponte di Genova? Quelli che invocavano la moralizzazione, promettendo in cambio l’apocalisse, appartengono alla stessa specie. Da anni si costruiscono periferie desolanti, si invoca un avvenire migliore in quartieri dove sono stipati rissosi migranti e morti di fame. I nuovi governanti si pongono al servizio di questa marea di poveracci. La Capitale, dopo essere stata retta da un certo Ignazio Marino, è un groviglio di serpenti. Il partito dei “furbi” ha portato al potere una signora amabile, ma che come amministratrice è prigioniera del sogno della rinascita di Roma. E’ passato poco tempo e già gli elettori hanno per lei la commiserazione di chi ha ricevuto dal predecessore soltanto macerie; il compito di proseguire quest’opera se lo è assunto l’elegante Virginia Raggi. E’ questo il modello di chi governa oggi il Paese che in breve ha già logorato il prestigio di uno sfasciacarrozze. Abbiamo un papa a capo della più grande magagna capitalistica; anni fa fu diffusa la copia di una nota apparsa sul “Nouvel Observateur” in cui si segnalava il Vaticano tra le maggiori aziende che esporterebbero capitali all’estero. Tutte cose ormai venute a galla. Il gioco del calcio, che in passato era il nostro fiore all’occhiello, consente di importare giocatori di qualità provenienti dal Sudamerica e dall’Africa. Alcuni sono stati italianizzati per far parte della Nazionale; negli stadi sono i più intonati nel cantare “Fratelli d’Italia”. Il calciatore straniero viene acquistato con cifre esorbitanti: una gherminella per ridare fiducia a un gioco che gli italiani amano tanto e, invece di esserne turbati, si entusiasmano a ogni acquisto milionario.

 Maurizio Liverani