LA SINDROME DELL’EX

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

LA SINDROME DELL’EX

Sfrenati arrivisti, i comunisti diventano facilmente “ex” perché hanno compreso che con questa qualifica possono essere ancor più arrembanti. L’essere stati “rossi” è un blasone che consente loro di sgambettare e saltellare nel ceto egemonico. Grazie alla lunga militanza comunista si ritengono custodi dei supremi valori dell’intelligenza e della cultura. Hanno tutti il complesso della freccia direzionale; nelle nuove militanze si comportano da pizzardoni nella complessa toponomastica della democrazia. Per restare nell’ambito dei più illustri transfughi, Ignazio Silone, a suo tempo, fu fatto passare per un “babbeo”; Cucchi e Magnani vennero trattati alla stregua di un tagliaborse. Seniga come un mariuolo. Fabrizio Onofri come un priapo spento. Oggi, l’”ex” è, invece, spocchioso; aspreggia gli ex degli altri partiti e, con piglio di vivace inquisitore, vaglia le altrui conversioni, per concludere che “hanno ancora molta strada da fare”. A nessuno di questi “ex”, blasonati da anni di comunismo, passa per la mente che possa esistere una intelligenza superiore alla loro; tutti aspirano a diventare “giornalisti principe” o eminenze grigie o consiglieri del principe. Si intonano al momento politico meglio degli “ex” di altra provenienza. Tengono molto alla reputazione di spiriti liberi e, con grande facilità, diventano uomini-poltrona. Perché meravigliarsi? Il racket della paura è prodotto da quella coltre di conformismo di sinistra in continuo aumento nel mondo occidentale. Venire meno del “referente” di Mosca accorda all’”ex” uno statuto speciale. Prima della fine del comunismo sovietico lo si poteva guardare come un emissario del Cremlino. Adesso, l’”ex” può guizzare polemico, acceso; è immerso nel “gauchismo” sia che scriva sui giornali borghesi o faccia il “mezzo busto” nelle grandi imprese televisive private e di Stato. Il principio “pas d’énnei a guache” è la regola; i procedimenti mentali dell’”ex” di comodo partono da questa premessa. Molti si sono fatti “ex” perché aspiravano allo “scatto”. Il mondo politico accorda loro lo statuto dei fiancheggiatori. Chi è rimasto nell’ingranaggio della burocrazia del partito si giova di questo “status quo”; ha uno stipendio assicurato, avanzamenti e ruota nell’orbita parlamentare per via della sua obbedienza cieca e assoluta. Gli “ex” che non hanno un intrinseco merito ruotano come pianeti intorno all’”astro” in orbite diverse. L’impedimento perché esista un vero anticomunismo praticato da “ex” è uno: l’ex sa di vivere in Italia, non ha, dunque, la possibilità di esprimersi liberamente. Il nostro Paese è dominato dalla ideocrazia di sinistra; più arrogante, oltre che subdola, di una dittatura. L’”utile idiota” di guareschiana memoria è, oggi, l’”utile furbo”.
 
MAURIZIO LIVERANI