LA SINDROME DI PARMA

di Maurizio Liverani

C’è in giro una nuova sindrome. Quella di Down, quella determinata dall’astinenza di una sostanza stupefacente cui si è assuefatti, quella di Sthendal – un turbamento che può arrivare al panico – di fronte alla bellezza di un’opera d’arte e ora c’è la sindrome di Parma. Il sindaco Pizzarotti, apprezzato dai parmensi, abbandona il Movimento 5 stelle. Muove alla formazione appunti molto gravi: “Non è più quella delle origini”, ha detto in televisione con tono franco e credibile, “oggi è in mano a degli incapaci, a gente impreparata, ad arrivisti”. Sono accuse che si possono scagliare dentro ogni partito italiano. Pizzarotti desiste, vuole tornare a confondersi con la massa silenziosa dalla quale estrarre un nuovo partito. Disimpegno dal M5s per disamore crescente verso la politica degli improvvisati dirigenti. Alle municipali, anche se si presentasse senza l’apporto del movimento, prevarrebbe; tra i cinquestelle di Parma è ancora apprezzato. Quello che sta avvenendo a Roma con la neoeletta sindaca dimostra come la marionetta abbia preso, dopo Tangentopoli, il sopravvento sulla personalità, sul “notabile” nelle consorterie politiche. I leader dei grillini fanno pensare, con il loro atteggiamento, ai re deboli di Francia prima della rivoluzione; ricevevano i “cahiers de doléances” e non erano capaci di interpretare il senso delle suppliche. Il malumore tra i pentastellati è al massimo. Il partitico di professione guarda, non partecipa, pensa di chiudere in qualche modo la parentesi. Vuol ricondurre tutto quanto avviene fuori dalle solite dispute tra arrivisti e prevaricatori. Ma i grillini vogliono restare a ogni costo nella sfera partitica; quella degli stregoni che muovono gli alambicchi dai quali distillano “scelte”, “svolte”, inesistenti alleanze. La politica fatta di intrighi, di smanie di entrare nella stanza di manovra è banalizzata. La Parma di Pizzarotti era un buon esempio. E un buon esempio in Italia va subito messo alla porta. La paura dei grillini, per il sindaco, nasce dal rancore dei dilettanti divenuti improvvisamente manovratori di un partito che, come gli altri, cerca di escludere il professore o l’uomo creativo dalle decisioni che li riguardano. Hanno dato vita a un movimento illudendosi di tenersi lontani dai padroni della politica; sono anche loro caduti nella padella della sopraffazione e del denaro. Partiti come “super partes” hanno subito dirottato i loro ideali verso fini indecorosi fino al punto di confondersi con chi ha portato il Paese a questo punto di deterioramento. Molti i pentastellati che hanno deciso, come Pizzarotti, di invertire la rotta.

Maurizio Liverani