LA SLEALTA’ AL POTERE

di Maurizio Liverani

Il momento che sta attraversando il Paese fa riaffiorare alla mente una famosa definizione di Aldo Moro. Assegnando alla democrazia cristiana una supremazia morale sui comunisti, ma attribuendo a questi una maggiore sensibilità sociale, coniò l’indimenticabile proposizione: “convergenze parallele”. Se esaminiamo bene la condizione cui si trova l’Italia dobbiamo ammettere che il Paese reale e il Paese politico appartengono a due mondi che procedono parallelamente. Senza un’improvvisa illuminazione rischiano di non incontrarsi mai. Politica e realtà da noi sono lontane come il sole dalla luna; il Paese riesce a sopravvivere con le sue forze nonostante il disinteresse che la classe politica ostenta verso i veri problemi vitali. Eppure, con scioltezza e senza sforzo, come artista da circo, il politico di professione pretende di rappresentare sia gli interessi materiali che quelli più progrediti della nazione. Il plancton di cui si nutre il leviatano politico è la convinzione di essere indispensabile. In tutti questi anni, il suo ingegno si è dimostrato, attraverso i mass media, una forza operante; ingenuamente la maggior parte degli italiani consuma l’illusione prodotta dai loro annunci. Pieni di inventiva per tutto ciò che concerne i propri interessi, i politici si ritrovano sempre allo stesso punto: dover registrare una gran mole di fallimenti. Nonostante un succedersi di errori su errori cercano consonanze ideologiche “à la page”. Fallita una convergenza, cambiano rotta e ne cercano altre. Chi è stato arpionato in nome di queste convergenze, approdato all’inevitabile fallimento, astioso si rivolge all’ex alleato accusandolo di essere reazionario o addirittura fascista. Il quadro di queste ultime elezioni dovrebbe essere intitolato “il falcone in azione”. La falconeria, una prima volta, è stata tentata da Pier Luigi Bersani con il M5s; ricevuto un no, si è “vergognato” di arpionare FI, partito considerato vessillifero della reazione. La Lega e il M5s, che hanno già il complesso della freccia direzionale, si sentono così forti e così graditi agli italiani da rifiutare accordi con formazioni “politicamene polentose” come lo sono diventati in poco tempo il Pd e FI. Il bernoccolo dialettico che Matteo Salvini pretende di avere, cioè di capire l’aria che tira, lo sta già ingannando. Il suo maestro Umberto Bossi lo mette in guardia a non fare la fine del Duce. Quella voglia di sola Lega è, però, una lusinga importante, convinto com’è, Salvini, di rosicchiare molti voti al M5s e alla “tartana” ex comunista. Non ha bisogno di ancoraggi finanziari; la miscela affari-ideali guida il suo fiuto. Tuttavia, al suo esordio come leader sta dando non una, ma due mani all’altro Matteo. Menzogne e tradimenti sono moneta corrente nella politica italiana. Gli ex alla staffa del Pd non possono ancora ammazzarsi tra loro perché incorrerebbero nella legge italiana e finirebbero in ceppi, ma se, per somma sventura, dovessero risvegliarsi stalinisti non tarderebbero a complottare, a congiurare gli uni contro gli altri, a preparare patiboli. Gli ex comunisti sono abilissimi nel ferirsi con subdole manovre; è un pollaio dove sono troppi i galli a cantare e se uno canta più forte (ma bene, come Matteo Renzi) gli altri si coalizzano per riportarlo nel gruppo. Renzi è stato visto come un segretario che la faceva da padrone; attendevano solo di colpirlo alla schiena. Il popolo della sinistra lo aveva individuato come “guida”, ma il Pd è ormai la tana di “lupi di più ingorde brame”. Se fosse sostenuto da maggiore talento politico, Silvio Berlusconi avrebbe potuto sottrarre Renzi dalle insidie dei suoi compagni. E’ stata scartata una soluzione salutare non soltanto per i partiti, ma per l’intero Paese.

Maurizio Liverani