LA SPERANZA E’ D’OBBLIGO

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

LA SPERANZA E’ D’OBBLIGO

C’è tra i consiglieri del governo un’”antenna” sensibile all’andamento del mercato cinematografico? Quando difetta la conoscenza, lo Stato se la cava con buoni propositi, intanto dalle varie cinematografie ci mandano a dire: “Una volta eravate bravi e godevate di una profonda ammirazione; oggi la macchina da presa non è lo strumento che sapete maneggiare meglio”. Mentre ogni speranza di ripresa è delusa dalle giullarate di interpreti di mezza tacca, ai registi, cui viene riconosciuto talento da funzionari senza talento, vengono accordati sovvenzionamenti per realizzare comunque nuovi film. Si continua a beatificare Federico Fellini; la stessa ammirazione viene tributata a Michelangelo Antonioni. Non si tralascia rassegna per riconoscimenti tardivi a pellicole che alla loro uscita non avevano avuto possibilità di contatto con il pubblico. Tutta la nostra morale è ridotta a una certa e assai rara cortesia nelle maniere mentre il mondo continua a perdere significato delle antiche soluzioni: ci si basa sempre sul senso del giusto e dell’ingiusto, del bene e del male. E’ questa la lezione del pensiero cinematografico contemporaneo in Italia. In altri Paesi come il Messico e al Svezia si prende a modello il nostro cinema anticipatore. Oggi, Cinecittà non ci offre che scampoli di minuta amarezza, sermoncini socio-moralistici, realismo ingenuo instancabilmente impegnato. I temperamenti sono ripetitivi, manca da qualche anno l’eccellenza assoluta. Se il meglio non c’è, si sopperisce con il meno peggio. Puntiamo sempre all’Oscar dimenticando che esiste il mercato, ci si affida a uno svagato ottimismo di superficie. Comunque il nostro cinema continua a tenere il minimo in attesa che il motore dell’arte si risvegli. Prima o dopo, con l’aiuto dello Stato, si potrebbe imboccare la strada giusta. Si sta intanto abbandonando l’idea di trattare i film come riempitivi e rivedere i rapporti tra industria e cultura. Ogni anno si spera e lo si fa anche quest’anno. Con questo festival il cinema italiano potrebbe ritrovare la stima verso se stesso.
 
MAURIZIO LIVERANI