di Maurizio Liverani
Ogni partito che si rispetti cerca di apparire “idoneo” per tutti; vale a dire, un partito di vaste proporzioni perché “appetibile”, capace di non creare allarme. Dopo la caduta del fascismo e dopo le tragiche vicende della lotta partigiana, più di centomila, tra soldati e ufficiali della Decima Mas, passarono, nel giro di pochi giorni, nel partito comunista. Quel cervello fine di Palmiro Togliatti riconobbe nei funzionari della Repubblica di Salò figure che erano la copia esatta di quelle che amministravano gli uffici dell’Unione sovietica. Perché rimuoverli dalle loro poltrone se erano simili in tutto e per tutto ai colleghi sovietici? Per neutralizzare il flebile fascismo che questi impiegati portavano in corpo, Togliatti inscenò la famosa “amnistia” aggiudicandosi milioni di voti. Al Migliore sono succeduti piccoli notai di provincia, rancorosi esponenti del dissenso fascista e qualche “dottor sottile” i quali, utilizzando i suoi metodi, raggiunsero, per un breve periodo, le proporzioni del mito. Tra questi non metteremo certamente Pier Luigi Bersani che del togliattismo non sa nulla, non ha studiato nulla inanellando una serie di errori. Uno è questo: è ostile all’”eterna idea del renzismo, quella di assorbire la destra”. In questo progetto renziano intravvede un rischio per il Paese. Togliatti, invece, avrebbe salutato questo progetto con entusiasmo. E’ qui il punto cruciale che ha condotto l’ex segretario del Pds a logorarsi presto, al punto che la base lo considera un peso morto. I compagni che tifano per Renzi l’hanno già giubilato; gli vogliono bene, ma non lo possono vedere. Bersani ricorda un pesce cui è stata guastata la spina dorsale e continui a girare su se stesso; è una personalità sbiadita cui riesce difficile impreziosirsi. Se la destra è, per la sinistra, un ingombro basta assorbirla senza ricorrere a larghe intese, a inciuci o, pomposamente, a compromessi storici. Chi non ha capito questo non è tonificato dai sali dell’intelligenza. Ci commuove il candore di Bersani ben sapendo che il Pd, inseguendo le sue intenzioni, farebbe fare agli ex comunisti la fine dei “piccoli indiani”. Questo illustre compagno “ribassista”, con i suoi errori, con questa visione distorta della convergenza tra ideologie ormai morte, se avesse il sopravvento accentuerebbe il peggio che serpeggia nel partito. Perché proprio un caposcarico come Bersani sia stato alla testa dei primi postcomunisti è un interrogativo che angoscia la sinistra; era inevitabile che, con lui, il partito finisse in un vicolo cieco, con il dispetto di intuire che la base non gli riconosce capacità. Bisogna ammettere che in tutti i partiti questa è l’epoca dei “bacilli virgola”, cioè delle personalità senza carisma, dotate di un solo obiettivo: quello di stare vicino alla cassa. Nel febbraio del 2010 a Bersani è stata rivolta una domanda più seria che scherzosa: “Forse ci siamo tutti berlusconizzati?”. L’allora leader, sorridendo, rispose con un flebile: “sì”.
Maurizio Liverani