LA TREMARELLA DI TRUMP

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
 
LA TREMARELLA DI TRUMP

Donald Trump ha gridato, prima di essere eletto, a gran voce: “Non me ne intendo!”, lasciando sbalorditi tutti quelli che assegnano alla politica un primato nella società che discende dallo strapotere finanziario di un limitato numero di famiglie. Ci torna alla mente una celebre definizione di Louis Stevenson il quale sosteneva che “la politica è la sola attività che non richiede alcuna preparazione”. La conferma l’abbiamo avuta con quel momento di sincerità di Trump. Ricredutosi o pentitosi di questa sincerità, il presidente degli Usa, che sembrava imbevuto di malinconia leopardiana, si è poi comportato in maniera tracotante, bellicosa da “pallone gonfiato”. Questo colpo di timone ha impresso a Trump l’immagine di un dittatore sudamericano, capace di innalzarsi a livelli di insigne ideologo. In pochi mesi si è auto-smascherato; è entrato in politica “grazie” alla sua impreparazione. La sorpresa è che il candidato non competente vince le elezioni e se ne compiace. Gli analisti della grande finanza nutrono ammirazione per il nuovo leader, non per le sue qualità ideologiche ma per la sua corpulenza che incarna l’America saccente, minacciosa, ricattatoria che può essere a un tempo cordiale e pugnalarti alle spalle. Il ridicolo di questo modo di fare è che sia segno di destrezza e abilità. L’errore degli europei è di aver ritenuto gli Stati Uniti una democrazia, che oggi suscita brividi di nausea. E’ difficile impreziosire una figura così inamabile. Le prospettive non sono affatto incoraggianti; in gran parte del mondo ci si augura che Trump cada grazie all’impeachment. Abbiamo detto che non ha carisma; la sua immagine è sgradevole anche quando cerca di addolcirla con vigorose strette di mano. La pressante richiesta di chiudere in fretta con il robusto personaggio, che batte continuamente le mani come i pupazzi del circo, è impellente negli Stati Uniti. Con Trump si è accentuata la tensione conflittuale con gli avversari che, forse, meditano di eliminarlo. Da scalmanato razzista antifemminista, appena eletto ha cercato di cambiare registro; è l’uomo dei muri, si intuisce che vorrebbe continuare il suo potere dimenticando che la presidenza vale per solo quattro anni. All’attivo – o passivo – va ascritto un sempre più accentuato isolazionismo; tra Stati Uniti ed Europa, l’oceano è diventato un confine non un punto d’incontro. Gli Stati capitalisti hanno sete di guerra; non ha altra spiegazione l’incremento della produzione di armi. C’è una sola speranza: che Trump si ravveda e che adotti un’altra politica, e che si improvvisi un bucolico revisore.

MAURIZIO LIVERANI