- di MAURIZIO LIVERANI
- Ne “L’uomo in rivolta”, Albert Camus dice che nel “comunismo il carnefice è deificato dalle sue vittime” per distinguerlo dagli altri “ismi” in cui il carnefice si auto-divinizza o è divinizzato dai suoi seguaci. Che i comunisti beatificassero i loro mandanti rientrava, negli anni di piombo, nella logica misticheggiante e dogmatica. Ma oggi, per quel che concerne la libertà di giudizio diremo, con Péguy, che fra i vari privilegi di cui godono i “viventi” c’è, incontestabilmente, quello di poter fare una cattiva lettura di Omero. Purtroppo, di questo privilegio fruiscono, per paura e conformismo, in pochi in Italia. Così abbiamo dovuto attendere anni dalla morte di Bettino Craxi perché, con il benestare di parte della magistratura e degli ex comunisti, finalmente si è potuto godere di questo privilegio. Da tempo ormai la giustizia lascia sfuggire accuse retrospettive contro un famoso ex magistrato, mentre agenti della Cia, molto attivi in Italia, non replicano, ma fanno intendere che la casa madre, la Cia, abbia dato il suo apporto affinché Craxi finisse nella polvere. Il che non vuol dire che abbia approvato, bensì che se ne sia lavata le mani dopo il caso Sigonella e il rifiuto di Bettino di consegnare agli Usa gli uccisori del cittadino americano sequestrato sull’”Achille Lauro”. In quel momento Craxi era impegnato a dimostrare la responsabilità diretta dei comunisti nelle “purghe” decretate da Stalin contro la sinistra anarchica e trotskysta. I fatti combaciavano anche se i compagni erano tenuti a considerarle calunnie fasciste. Da Tangentopoli in poi i magistrati misero al riparo il partito comunista sovvenzionato da “Mosca la rimbambita”, come André Breton ribattezzò l’Unione Sovietica. Un magistrato si inserì perfettamente nell’ingranaggio dopo aver spiegato il caso di una valigetta lasciata nell’androne di Botteghe Oscure; poiché nessuno la ritirò, non poté muovere ad alcuno accuse precise. Con questa gherminella si guadagnò l’elezione al parlamento. Il segretario della Bolognina, dopo “questa cattiva azione”, passò al gruppo misto; non voleva avere connotati morali con gli orgogliosi specialisti di scorrettezze politiche. Insomma, prese le distanze. Questi fatti non scoppiano. Assillato dalla necessità di darsi una nuova politica, l’allora segretario, avvedutamente, scelse la linea di non scegliere.
MAURIZIO LIVERANI