LA ZEBRA ODIATA

di Maurizio Liverani

A intossicare gli animi con l’odio, in onda tra canzonette e dibattiti, c’è chi semina astio nel gioco del calcio. Improvvisati tele-conduttori, che si nutrono di questo bellissimo sport, hanno un’avversione particolare per la squadra più amata in Italia, inventando contro questa nobile equipe una sorta di tribunale speciale. La sconfitta immeritata della squadra di Torino contro il Real a Madrid è stata accolta con entusiasmo. Il fatto che la Juve possa vincere il settimo campionato consecutivo è visto come un delitto. Le cronache sono supinamente accolte da tifosi troppo faziosi che arrivano ad augurare la catastrofe alla squadra di Allegri. Ogni anno, telecronisti più facinorosi che sportivi si illudono aspettando una figuraccia dei zebrati. Forse perché questa squadra non ha il nome di una città, i suoi continui successi, anche su scala internazionale, obbediscono all’ordine del riciclabile che fomenta nuove ondate di odi calcistici, quasi più che a un fatto sportivo ci si trovasse di fronte a un fatto politico. I telecronisti capaci sono ormai ridotti al lumicino; quelli di un tempo rispettavano il gioco e non obbedivano alle loro inclinazioni. Oggi senza urla, senza mai correggersi alimentano, anche negli stadi, un’avversione di stampo classista. Sono paragonabili ai dispensatori di odio nelle trasmissioni in cui è in gioco l’agonia politica. Anche in questo caso il teleutente conosce la faccia buia di chi gestisce il potere. Lo spettatore, anzi, il tifoso diffida delle loro cronache che sono offerte in un mare di incontinenza verbale. Lo sport sulla Rai è trattato con maggior riguardo, ma si ha la sensazione che si voglia cancellare dal novero delle squadre illustri la più illustre. C’è benevolenza quando si ha il sospetto che questo astio stia provocando reazioni nel pubblico. In sostanza, di cosa sono colpevoli questi calciatori zebrati? Forse di aver monopolizzato il successo per troppo tempo; forse perché da troppi anni la cosiddetta zebra fa il bello e il cattivo tempo nel nostro campionato. Anche nello sport la situazione italiana è allarmane; negli stadi, fino  a poco tempo fa, si arrivava ad azzannarsi finché è stato messo uno stop quando un tifoso romanista ha ucciso un tifoso napoletano. Proprio dagli stadi si rivela una verità tragica: si può morire anche per il gioco del pallone. Cari lettori scusate se, approfittando dell’inconcludenza della politica che non riesce a trovare una via d’uscita, abbiamo fatto una divagazione su un terreno ingiustamente lasciato aperto alla faziosità.

Maurizio Liverani

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Nella foto: Il “Trio Magico” del 1958: Sivori, Charles, Boniperti