L’ANGELISMO DEL MALE

di Maurizio Liverani

La Chiesa, attraverso Papa Francesco, si è ormai convinta di conoscere i fasti di una era lontana. Ad esempio, quando Papa Borgia faceva strage di infedeli e si mormorava che avesse scambi amorosi con la divina Lucrezia. Bei tempi. Soprattutto ricordando che Cesare Borgia eliminava i suoi avversari dopo averli storditi in lauti banchetti da cui non uscivano vivi. I fedeli disapprovavano, ma sotto sotto erano contenti di avere un Papa così guerresco che si appropriava di tanti Comuni soltanto apparentemente obbedienti. Attenuato nelle forme, questo sistema di eliminazione di possibili avversari è continuato nei secoli senza suscitare lo stesso clamore, ma raggiungendo gli stessi risultati. Nel 1948, dopo la guerra, la Dc è riuscita a “incontrare” tanto; ha azzeccato innanzitutto il momento giusto della nascita. I suoi genitori sono stati la paura del comunismo e l’espandersi dell’ateismo marxista (“La religione è l’oppio dei popoli”). La Chiesa, apparsa in quegli anni come l’”ultima spiaggia”, ha dato il nome di battesimo alla Dc, adibendola a molteplici usi: ora come il suo braccio secolare, ora come la procuratrice d’affari, ora come anticipatrice di tempi nuovi, ora come baluardo dei valori della tradizione. Visto lo straordinario successo, la Dc si è data per  precursori Don Sturzo e De Gasperi. Su questi sommi nomi ha riposto i suoi unici orgogli, senza capirne minimamente l’insegnamento, come i politici cattolici di questi tempi dimostrano. Tardi, la Chiesa si è resa conto che i voti guadagnati scagliando minacce e fulmini contro il marxismo ateo hanno innervato, nel Paese, una pattuglia di filo-comunisti. Lentamente, i leader democristiani hanno perduto la memoria dei primi tempi sempre credendo di vivere l’epoca radiosa della riaffermazione dell’anticomunismo. Poi c’è stata la conversione dei comunisti alla fede; oggi la Chiesa non è più sicura di nulla. I suoi politici sembrano una combinazione di astuzie e fortuna. Intanto l’anticomunismo, sua unica risorsa, è stato disperso in un chiacchiericcio buono per tutti. E proprio perché buono per tutti, tutti vi hanno visto le trappole, gli specchietti per le allodole. Il leader con più ardore che ha rinnovato stima al comunismo è stato Aldo Moro. Per un tacito accordo, una specie di intesa di buona creanza, la parola comunismo avrebbe dovuto apparire in contesti molto sfumati, mentre la parola antifascismo doveva ricorrere spesso. In pochi anni i leader democristiani si sono dimenticati che a fornire il loro partito di schemi dottrinari, come l’ossatura di un palcoscenico, è stato soltanto l’anticomunismo. I padri nobili, sopravvissuti alla fine della Democrazia cristiana, sono dei micro-leader, svegliati a una nuova realtà riassunta nel fair-play di Silvio Berlusconi che arriva a fare gli auguri a Piero Fassino perché riesca a tener testa all’onda dei massimalisti. Il comunismo si mescola agli anarchici, a gente sconsiderata ufficialmente, ma adoperata a fini tattici affinché nella sua tattica rientrino i più scalmanati e nasca una “melassocrazia” che si nutra di insulti e di complimenti. Così è nata la nuova “democratura”. C’è chi si adopera per scompaginarla, ma arriva il terremoto e la marionetta Papa Francesco invita alla conciliazione. Qualcuno pensa, come dice il film, che “Lassù qualcuno ci ami”. Per altri “lassù” non c’è nessuno. La fede vacilla ogni giorno di più.

Maurizio Liverani