L’ANIMA? VUOLE IL CORPO

FATEMELO DIRE

di MAURIZIO LIVERANI

L’ANIMA? VUOLE IL CORPO

Per recuperare la sua trascendenza e non incoraggiare il nichilismo dilagante, Roberto Benigni – eccezionale la sua performance a Sanremo – ha sentito il bisogno di rivestire il “Cantico dei Cantici” di perturbazioni erotiche. Il “Cantico dei Cantici” ha uno straordinario valore se si va a fondo nello scrutare il merito “trascendente” del sesso. I teologici hanno assegnato a questo testo una funzione asettica frutto delle malefatte del diavolo. Benigni, nella sua chilometrica lettura, torna all’essenza di questa opera splendida; restituisce il senso della sessualità noiosamente accoppiata, fino a oggi, alla fornicazione. “La vita senza il senso del peccato è noiosa da far spavento”, scrive Cesare Pavese. L’attore, sul palco di Sanremo, ha evidenziato come su questo testo si possa leggere il contrario di tutto quello che gli è stato attribuito. Regola è la virtù. Ma ci sarebbe, afferma Benigni, la virtù se non ci fosse la trasgressione a darle essenza e splendore? Ci può essere Dio senza Satana? E’ una versione, quella di Benigni, contro cui scaglierebbero le loro reprimende alcuni cardinali retrivi. Il “Cantico dei Cantici” ci informa, poeticamente, che la fede ha bisogna di una cura ricostituente per ridare prestigio, oltre che a se stessa, anche alla divinità. E’ immaginabile l’esistenza di una Chiesa vittoriosa che non abbia più a difendere i propri principi perché pienamente adottati? Nella bella lettura dell’attore la fede rende i corpi più esposti alle insidie della carne. Benigni si rifà alla religione come a un ospite inquietante; l’idea di Dio è più pratica e più pericolosa, direbbe Emil Cioran, e grazie a essa l’umanità si salva o si perde. Le “prove” dell’esistenza di Dio si trovano nel corpo dell’uomo e non soltanto nel sovrannaturale. Torna in mente il famoso film di Jean Delannoy “Dio ha bisogno degli uomini”. In Vaticano non si sa come sia stata accolta questa lettura di Benigni. Al momento c’è chi lo ritiene un peccatore che anela a essere redento; l’espiazione nelle alte sfere ecclesiastiche avviene con la rapidità di un lampo. Questa convivenza tra anima e corpo è accettata da tempo, ma non è stata mai inneggiata a tal punto. il conflitto tra anima e corpo è la tragedia del nostro tempo; questa dicotomia ha fatto perdere significato alla fede. Forse è il caso di mettere tra i testi sacri l’invocazione lirica proposta dal Cantico.MAURIZIO LIVERANI