L’ARGUZIA MORDENTE DELLA VERA SATIRA

L’ARGUZIA MORDENTE DELLA VERA SATIRA

 Il nuovo libro di Maurizio Liverani: “AFORISMI SOSPETTI”

di Barbara Soffici

“Oggi, il regno della burocrazia plebea, con capoccia molto astuti nel darsi lo sgambetto per ragioni di potere, rifiuta, anzi censura persino gli aforismi”.

Con questa frase Maurizio Liverani ha sottolineato in modo geniale il tranello che si cela dietro la ragnatela politico-sociale del nostro Paese.

Testimone esemplare e vivace narratore, Maurizio Liverani ha percorso da giornalista quasi un settantennio della vita italiana senza perdere mai di vista il senso critico e il sarcasmo: ha esaminato i vizi capitali, gli aspetti paradossali della società e della politica contemporanea, ha denunciato e messo in ridicolo amare verità, abitudini e concezioni, pressioni e prevaricazioni, ipocrisia e corruzione, punzecchiando e irridendo chiunque, anche se stesso.

“Nel nostro Paese l’intelligenza è ormai declassata a tal punto da essere persino nociva a chi la coltiva” sottolinea.

Essere messo al bando è, per il nonagenario Maurizio Liverani, l’inevitabile destino di quelli che, come lui, non abdicano alla propria libertà e autonomia intellettuale, non si adeguano al conformismo.

“Si è classificati “grandi” se si lega il proprio nome al grande ideale dei nostri giorni: quello di essere scambiati per quello che non si è”, scrive.

Con questa fulminante asserzione stigmatizza la realtà paradossale della nostra epoca, sfuggendo, con disinvoltura, a tutte le etichette.

Uomo corretto ed educato, colto e sensibile, aperto e coraggioso, dotato di un marcato, ma fine spirito satirico, Maurizio Liverani è riuscito, durante tutto l’arco della sua vita, a mantenere intatti i suoi principi, la sua formazione morale, la sua libertà di espressione, la sua indipendenza intellettuale.

Alacre mente, ha sviluppato la sua personalità critica seguendo da vicino le trasformazioni culturali, politico-sociali del nostro Paese, alimentando la sua naturale predisposizione con l’assidua frequentazione degli intellettuali più ispirati e liberali che l’Italia ha conosciuto: Ennio Flaiano e Leo Longanesi.

Come giornalista ha maturato velocemente un istinto di autonomia, la capacità di individuare, di valutare e trasmettere sagacemente le necessità e le imperfezioni della cultura, le impurità della politica e della società, senza accettare compromessi di nessun tipo, nemmeno ideologici.

Incurante dei vantaggi e dei privilegi che potevano derivargli, non ha assecondato il potere, con coraggiosa, compiaciuta impertinenza ha invece svelato difetti nazionali e verità nascoste senza temere ostracismi e vendette.

Con questo spirito Liverani ha scritto brillanti

articoli per “Il Borghese” (firmandosi sarcasticamente Ivanovich Koba, il nome di battaglia di Stalin durante la rivoluzione sovietica) ed ha svelato gli snobismi “rivoluzionari” della gauche-caviar, dei ricchi salotti progressisti, nel suo provocatorio film “Sai che faceva Stalin alle donne?”.

Direttore della prestigiosa rivista di teatro, arte e spettacolo “Il Dramma” si è avvalso della collaborazione di importanti intellettuali di diversa estrazione politica (Flaiano, Pasolini, Pessoa, Silone, Jonesco, Sartre) per “sdoganare la cultura dalle ideologie”.

In un’epoca di poche personalità di rilievo, Liverani brilla per acume, preveggenza, per arguzia. il suo mordente spirito satirico rifulge nelle riflessioni raccolte in questa sorta di “breviario” intitolato “Aforismi sospetti”.

Divisa in sessanta voci, per argomento, composta da aforismi, da affermazioni, da scherzi, da battute brevi e “fulminanti”, da frammenti leggeri e surreali, da divertenti giochi di parole ma anche da sentenze consapevolmente spietate, da ciniche espressioni, questa antologia accoglie, in modo esemplare, tutti gli aspetti paradossali della nostra epoca, delinea la situazione italiana in un quadro a tinte forti, fosco e grottesco, ci regala scorci mai evidenziati da altri.

Con un raffinato stile di scrittura, scevro da ogni influenza, e “saporite” rivelazioni Liverani sottolinea il senso di inadeguatezza dei costumi, degli usi e delle “tradizioni” della nostra società – politica, permettendo una adeguata valutazione e comprensione della realtà che ci circonda.

Con sottile cinismo riesce persino ad instillare nel lettore la necessità di un cambiamento radicale, di condotta e di pensiero, per recuperare un piano etico – ideale comune, con una più alta visione della “democrazia”.

Barbara Soffici

(Tratto dalla Prefazione di “Aforismi sospetti”) nir�i�_