di MAURIZIO LIVERANI
L’AVVERSARIO INCOLORE
Nella composizione di quella lega che si chiama politica l’uomo acquista l’aureola di condottiero non grazie alle azioni e agli atti, bensì grazie all’età. A Nicola Zingaretti è assai difficile alimentare il “prestigio mitico”. Gli è arduo presentare nuove strategie; è un segretario senza grandi connotati. Prima che sia considerato come uomo provvidenziale passeranno degli anni. Si alimenta il “prestigio mitico” ricordando le sue brave imprese amministrative nelle zone terremotate del Lazio. In quest’opera di mitizzazione si resta lontani persino da Bersani e D’Alema, anche loro sub-archetipi adatti alla temperie attuale, dominata da mezze figure e mezze calzette se rapportate ai divi di un tempo. Zingaretti si avvolge di una certa autorevolezza percorsa dal dinamismo del “tira a campare”. Ha il vizio capitale della sinistra: la dissimulazione della verità. E’ sfuggito agli opinionisti l’atteggiamento di Enrico Letta il quale è favorevole all’”incontriamoci; lasciamo che il governo concluda il suo mandato”, detto con un ardore flebile degno della somministrazione di un sacramento. Ma si sa che un democristiano vede nella caduta delle ideologie un avvenire nuovo per la Chiesa. I democristiani sulla scena ci stanno da tanto tempo e un gruzzolo di sfiducia – che ridia prestigio alla Chiesa – ce l’hanno da sempre; hanno fiducia nel tempo, nella speranza che sarà sempre più stipato di uomini mediocri e di cultura affastellata. Il divorante vampirismo della sinistra è ormai un ricordo; c’è chi teme che una resurrezione possa essere possibile con il ricorso alla violenza. Le quotazioni dell’odio sono sempre stabili. Di carismatico, in Italia, c’è soltanto l’odio. E’ un fenomeno che si verifica tutte le volte che agli occhi di una grande parte della popolazione si profila il caos. Chi riuscirà a concentrare su di sé la magia che fu di Togliatti? Adesso ci sono capi che consentono solamente il culto dell’impersonalità. Il discorso vale per tutti i partiti.
MAURIZIO LIVERANI