Non è un caso che sotto il passato regime siano nati i principali scrittori italiani, da Luigi Pirandello a Vitaliano Brancati, a Vasco Pratolini, ad Alberto Moravia, a Pittigrilli, scrittore di grande successo cui non riuscì di farsi perdonare la collaborazione alla polizia segreta, l’Ovra. Venne messo al bando un po’ perché ebreo (il suo vero nome era Segre), ma, soprattutto, per non aver preso la tessera del Pci. Elio Vittorini, gran fascistone oltre che scrittore insigne, passò direttamente dal fascismo al comunismo. Niente di male. Insegna Brecht che lo scrittore deve pensare alla sua opera e di infischiarsene dei regimi. L’autore di “Madre coraggio” depositava quanto guadagnava, in un regime comunista, nelle banche svizzere, non diversamente da quanto fanno i vip dell’intellettualità italiana. La mediocre condizione cui i partiti hanno ridotto la cultura è imputabile ai ministri proposti sia, anni fa, dal Pdl che dal Pd: hanno sempre destinato scrittori e artisti al pascolo elettorale. E’ inimmaginabile che il ministro della Cultura sia stato per lungo tempo un “tale” il quale voleva che nelle scuole si insegnasse Gramsci e non Vittorio Sgarbi che, pur con le sue intemperanze, resta un intelligente e capace organizzatore culturale. Non dimentichiamo che durante il fascismo, ministro della Cultura era un certo Bottai che, tra hurrà e flebili “viva il Duce”, ha operato intelligentemente negli interessi della cultura. Anche Togliatti profittava largamente di scrittori e registi. Non c’è niente da indignarsi alla luce di quello che abbiamo visto poi. Al funerale di Gesualdo Bufalino, a Comiso, nessuna autorità, dal capo dello Stato a qualche leader, ha voluto presenziare. Bufalino non era un “libriere”, cioè uno scrittore che sta permanentemente al crocevia dei premi letterari e del video. Viveva “annoiato” più che mai dalla risaputa commedia della vita. Soltanto all’idea di dare lustro al funerale di uno scrittore che non credeva più a niente, la “politica” è stata presa dal panico. L’ostilità verso un autentico narratore si manifesta anche evitando i suoi funerali. Oppure annettendoselo come è stato fatto con Cesare Pavese, dal momento che l’autore de “Il mestiere di vivere” è stato smesso come un abito usato. Non si voleva far così anche per Pier Paolo Pasolini? Thomas Mann sosteneva che gli italiani sono “spaghettanti dello spirito”. Orson Welles, coniugato con una italiana, ci rimproverava di non amare la cultura. La crisi che seguì i fatti d’Ungheria e quelli di Praga è stata un modo per entrare nelle conventicole politico-mondane, nella “gauche-caviar” che canta “Bella ciao” immaginando un dio con il pugno chiuso. “Grazie a Dio – ripeteva Cocteau – sono ateo”.
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GLI AFORISMI DI OGGI (DAI LIBRI DI MAURIZIO LIVERANI)
L’apparato di controllo della stampa, dei media, delle case editrici ci impedisce, da anni, di dire che viviamo in un paese libero.
Non si è potuto impedire al compianto Fruttero di dire: “Non che dalla sinistra gli scrittori si aspettino di più. Ma almeno che non faccia altri danni”.
Attraverso brevi affermazioni fa sapere che è stato incluso tra gli amici del nuovo papa.
Un alone di beatitudine avvolge i marxisti e i castristi, “afflitti” da una forte idealità religiosa.