LE AMBIZIONI DEL MOSCERINO

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

LE AMBIZIONI DEL MOSCERINO

Scorrendo le cronache delle imprese politiche si accentua nel cittadino la malinconia della fine del mondo. Assistiamo da spettatori disgustati al precoce fallimento di una nuova generazione di politici dalla quale era lecito attendersi un rinnovamento, illusi dallo stupido motto “largo ai giovani”. Questo è un Paese nato vecchio; “aborti” di giovani con le idee già chiare prendono i primi posti, costi quel che costi. Accertato questo inconveniente di nascere, la popolazione italiana si riduce per non fornire altri pilastri alla “barbarie” nata dal dopoguerra. Per attestarsi su un “distinguo”, è stata issata una giovane a prima cittadina della Capitale, invitando i tardoni aderenti al pentolone malconcio della politica a sciogliere le righe. I nuovi hanno messo sotto i piedi tutti i diktat dei partiti che lungo tempo hanno attinto la loro ragione d’essere dalle ruberie, dal centro alla periferia. Dopo anni hanno cessato di avere autorità e prestigio, degni di essere consegnati al nulla. “Annulliamoci”, era il motto del compianto Casaleggio, per immetterci nel futuro come “non partito”, sorretti da un comune sentire. Il politico italiano, ormai ridotto a bacillo virgola, dovrebbe essere sostituito, e in parte lo è, dal “teddy boy” della politica, ansioso di riempirsi le tasche. Persuasi di essere ormai gli unici e sbaraglianti del cosmo italiano, i soli degni di allori e di onori, hanno dato vita a una cinica azione moralizzatrice ponendosi all’avanguardia nell’accaparramento dei beni del Paese. Chi ha creduto all’autenticità di questo movimento propone un apostolato nuovo: dimezzare, attraverso un referendum, i parlamentari; impegnandosi a sminuire l’importanza delle scartine giunte incautamente in Parlamento, ma incorrendo in una operazione autolesionistica. Sono in molti tra questi presunti risanatori a meditare su questa massima di Nietzsche: “La morale è da oggi annullata”. Non arrivano alle loro orecchie gli insulti degli italiani. Luigi Di Maio si sente come l’individuo più unico; incorona e detronizza secondo le sue antipatie e simpatie la metà del suo elettorato. E’ un enigma calamitoso, alla maniera di quei capipopolo che in questi ultimi tempi hanno ridotto affermati leviatani dei loro partiti ad altrettanti girini. Il pubblico si lascia sempre meno volentieri sedurre da questo invadente personaggio che ha poche intenzioni salvo una, pericolosissima, che è quella di annettersi tutto il potere. Di Maio, con il suo murmure prelatizio, con i suoi bisbigli da confessionale, vuole clonarsi presidente del Consiglio.

 

 MAURIZIO LIVERANI