LE STRADE TORTUOSE DELLA “DEMOCRATURA”

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

LE STRADE TORTUOSE DELLA “DEMOCRATURA”

Eugène Ionesco, ai sessantottini che sfilavano per le vie di Parigi, gridava: “Diventerete tutti notai”. E la loro pericolosità si è dissolta d’incanto. E’ quello che sta accadendo ai cinquestelle. La loro apparizione è stata sintetizzata con il motto “salto nel buio”; ora ribattezzato “salto nel vuoto”. Sono avvizziti in boccio; si battono per idee, direbbe Ennio Flaiano, che non hanno.

La crisi può essere vinta da una controffensiva di una nuova forma politica che ponga fine all’incompetenza, distintasi in questa “democratura” con Giuseppe Conte. L’economia, con questo governo, è in tale stato di decomposizione che per evitare la bancarotta sembra non ci sia altra soluzione da quella indicata dal renzismo.

Dentro ogni italiano non ci sono soltanto rancori; c’è un’esigenza di riconciliazione, quella che le ideologie non vogliono. I pentastellati ci appaiano una specie di “Peste” di Camus all’incontrario, in burlesco. Quelli che si agitano nel video sembrano assoldati dalle aziende che con queste immagini traggono grandi vantaggi pubblicitari.

Nella famosa “stanza” sul “Corriere della Sera”, la risposta di Indro Montanelli, a un lettore che lo rimproverava di contraddirsi sostenendo: “Come fai ad aver scritto quelle bellissime pagine sulla rivolta ungherese del ’56 e nel contempo appoggiare un governo il cui ministro degli Interni stava sui carri armati sovietici? E non si è pentito”, è un capolavoro di perfidia: “… Napolitano a bordo di un carro armato faccio fatica a vederlo”. Una pagina della biografia di Giorgio Napolitano che manda in solluchero quanti non si fidano delle conversioni dei comunisti. Il comunismo che mangia i bambini, scrisse con furore Montanelli, non esiste più, è sopravvissuta del comunismo l’ideocrazia. L’egemonia sulle menti è un’ideologia utile per la sottocultura di potere.

La guerra civile, cominciata nel ’45 a piazzale Loreto, sfuma nel passato. L’odio sembra non rappresentarci più. Gli italiani sono più flessibili, versatili, dentro di loro non ci sono soltanto rancori; forse stiamo facendo piazza pulita di questo gioco al massacro che può comportare la vera liberazione. Va apprezzata la richiesta di perdono di Emanuele Filiberto di Savoia per le leggi razziali, alla quale peraltro Ricardo Franco Levi (illustre esponente della Comunità Ebraica e Presidente della Associazione Italiana Editori) ha risposto con distacco, asserendo che non si tratta più di chiedere o ottenere perdono, e se qualcuno doveva chiederlo era solo Vittorio Emanuele III, che ne avrebbe avuto il tempo e l’opportunità.

L’Italia, per gli altri Stati europei, deve rimanere in coda. E’ questa la consegna dei congiurati contro Matteo Renzi affinché venga retrocesso e non sottragga le redini del carrozzone-Italia ai banchieri. Da noi la partita si vince sempre al tavolo della sovranità limitata. I poteri forti, com’è sempre stato, anelano ad avere, con Conte, un governo travicello.
 
MAURIZIO LIVERANI