LE VOCI DELLA MIGRANTE
Il Mito originario capovolto dall’autrice. Medea
diventa capro espiatorio di una società corrotta. Lei, originaria della
Colchide, definita “migrante” dal potere, (qui rappresentato dalla voce di
Acamante primo astronomo di Corinto), un potere che si fonda su misfatti
nascosti al popolo, un potere che, qui come ovunque, si sorregge sulla
menzogna. Medea, che significa “colei che dà consiglio” è portatrice di amore
(assenza di morte). Medea diventa simbolo del coraggio e della verità e le Voci
sono coscienza che raccontano l’intreccio storico, personale ed oggettivo.
“In questa mia regia e riduzione del testo
originale della Wolf, – spiega Viviana Di Bert – da lei personalmente approvato
e “consigliato” attraverso un carteggio da me tenuto con lei nel 1998 (due anni
dopo l’uscita in Italia del suo Medea Voci), le donne della Colchide (Medea ed
Agameda) contengono visivamente un immaginario medio orientale e un’ispirazione
alle popolazioni Rom, da sempre tanto flagellate come capri espiatori. Nelle
edizioni che ho realizzato dal 2008 al 2010 la figura di Medea fu da me
interpretata come da consiglio della stessa autrice Christa Wolf; in questa invece,
che per me rappresenta la chiusura di un cerchio creativo, ho preferito
guardare da fuori, come a voler porre un occhio esterno ed utilizzare lo
sguardo di “persone” come la Wolf, attiva intellettualmente fino al suo ultimo
respiro, che si è sempre augurata di salvarci dalla “corruzione sotterranea”
del potere”. Viviana Di Bert torna ad occuparsi della Medea di Crista Wolf, un
testo già ridotto per il teatro e messo in scena nel 2008 con lei stessa nei
panni di Medea. Qui attraverso le voci di Medea, Giasone, Agameda, Acamante,
Leuco e Glauce la Wolf sente l’esigenza di mostrare un’ulteriore versione del
mito che mostra Medea come curatrice piuttosto che infanticida, capro
espiatorio di una società e una politica corrotta e arrogante. Viviana Di Bert
diventa in questo allestimento lo sguardo esterno della regista/autrice che
sceglie per Medea una provenienza Rom. La regista sente il dover trattare del
tema dello straniero accanto al tema dell’arroganza del potere patriarcale con
una particolare urgenza. La storia di Medea raccontata da Christa Wolf è
attuale tanto nelle tematiche quanto nei sentimenti. Descrivendo la condizione
di vita di uno straniero a Corinto, la scrittrice tedesca utilizza ancora una
volta parole e gesti dei cittadini autoctoni, le voci appunto. Parole ed
espressioni che oggi potremmo definire proprie di una società
“razzista” che si limita a giudicare una persona in base a usi e
abitudini che fanno parte della sua cultura.
Teatro di Documenti –via Nicola Zabaglia 42 Roma
Dall’11 al 16 febbraio (da martedì a venerdì ore 20.45, sabato ore 19.00, domenica ore 18.00)
Medea Voci
di Christa Wolf
adattamento, regia e idea scenica di Viviana Di
Bert
con Fiammetta
Michetti, Giulia Masotti, Marco Marta, Nikolas Ricciardi, Stefano Villani,
Valeria De Matteis
Voci registrate Fulvio d’Angelo, Andrea
Bellocchio, Viviana Di Bert
Musiche originali Alberto Del Re
costumi Alessandra Milani
luci Paolo Orlandelli